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07/12/2014 06:30:00

La mafia e il sacco di Roma. Un sistema criminale che ha in pugno il Paese

 E’ una mafia che si è fatta Paese, la nostra. E quanto ha scoperchiato l’inchiesta denominata “Terra di Mezzo” e che ha portato a Roma all’arresto di 37 persone lo dimostra. Ancora una volta, dobbiamo meravigliarci: mai era  successo che un ex Sindaco di Roma - nel caso in questione Gianni Alemanno - venisse indagato per mafia. Non siamo a Palermo, non siamo a Catania, non siamo a Reggio, nè a Napoli.

E non è neanche un salto nel tempo, è la fotografia di un sistema criminale nuovo, che mette insieme pezzi che fino a ieri era impossibile che si parlassero: bande criminali, eversione nera, cooperative, funzionari pubblici, politici. Per gestire gli appalti, controllare il territorio, fare affari.

Una mafia nuova, dunque, per quello che riesce a mettere insieme, rispetto alle mafie tradizionali, e anche per il senso degli affari. Noi associamo sempre alla parola “appalti” l’idea di un cantiere pubblico, una grande opera. E invece no, ormai gli appalti più lucrosi per le nuove organizzazioni criminali sono i servizi, dove meno sono i controlli, più facile è riciclarsi, e, soprattutto, per il numero di persone coinvolte, più facile creare consenso e gestirlo. E infatti uno degli affari della Cosa grigia romana è  la gestione dei migranti, perchè oggi l’accoglienza è un business. E così in un’intercettazione si sente dire che “i campi nomadi rendono più della droga”. E ancora: “Tu c’hai idea di quanto ce guadagnano sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno». Tra gli arrestati c'e' anche Luca Odevaine, già capo di gabinetto nel 2006 dell'allora sindaco di Walter Veltroni, che nella sua qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale ha orientato, in cambio di uno "stipendio" mensile di 5 mila euro garantito dal clan, le scelte del tavolo per l'assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite da uomini dell'organizzazione.

Nuovo è il rapporto con la politica. In tempi di partiti sempre più deboli, e di vacche magre per le pubbliche amministrazioni, non c’è più il vecchio rapporto sinallagmatico tra politico e mafioso, per cui il mafioso faceva eleggere un politico, questo si metteva a disposizione, e a sua volta l’organizzazione criminale aiutava la carriera del politico. Il rapporto tra neomafia e politici è diverso: non ci sono schieramenti preferiti, tutto fa brodo, dalla destra alla sinistra (“Me li sto a comprà tutti….semo diventati grossi….” dice uno degli indagati) e il politico che viene appoggiato in realtà viene stretto in un abbraccio mortale, diventa un Golem senza alcuna autonomia, che dipende in tutto e per tutto dall’organizzazione.

Perchè questa rappresenta, come dice lo stesso Massimo Carminati (“nero”, ex Nar accusato di legami con la Banda della Magliana) in un’intercettazione “un mondo di mezzo”, dove tutti si incontrano, imprenditori e funzionari, politici e banditi. Un ventre molle, dove gli umori confluiscono, gli appetiti incontrano chi può sfamarli. Massimo Carminati è  il protagonista, guida l'organizzazione, usando minacce e violenza, e manovra il potente di turno, l'imprenditore, il professionista e il manager di stato.

Carminati di fatto gestiva un ecosistema versatile: dagli appalti all'estorsione, dall'usura al recupero crediti. Aveva contatti con manager, politici e col crimine di ogni specie: da Michele Senese, boss in odore di Camorra, alla "batteria" di Ponte Milvio che controlla i locali della movida romana, dalla potente famiglia nomade romana dei Casamonica alla spiccia criminalità di strada.

Ecco, la nuova mafia. Senza un rito di affiliazione, con regole flessibili, senza cupole nè mandamenti, ma con un controllo del territorio capillare e l’uso sistematico della violenza. Una mafia che però  non basa la sua forza sull’intimidazione, ma sulla corruzione, sempre più il vero cancro del Paese.