In questi ultimi giorni due fatti di cronaca hanno riempito le pagine dei giornali: uno é la cupola affaristico - politico - mafiosa che si é scoperchiata nella Capitale, l'altro é il caso del povero Loris ucciso a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. In attesa del seguito delle inchieste, ancora in corso, e che promettono svolte eclatanti ogni giorno, si può fare un bilancio di come sta nel nostro Paese la libertà d'informazione. Nel caso di Roma, che Bossi definiva ladrona, si é scoperto, ma tutto é ancora da verificare nei modi e nei tempi del diritto, che si sono fatti affari d'oro speculando su esigenze reali dei cittadini, come le case di proprietà pubblica, o sull'ospitalità che lo Stato dà ai rifugiati e agli immigrati. Questi sono due esempi tra i tanti altri che hanno fatto di Roma e della sua amministrazione pubblica, a tutti i livelli, un esempio di corruzione allargata a tutti i partiti. Naturalmente molte posizioni individuali sono da controllare, e non si può prendere per oro colato quello che dicono i primi pentiti, e nemmeno avvalorare ogni interpretazione espressa dalle forze dell'ordine o da alcuni magistrati.
L'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, secondo una gola profonda si sarebbe recato più volte all'estero per trasferirvi valigie pieni di banconote, frutto di illeciti compromessi. Lui ha smentito, dando del millantatore all'accusatore. Avrà pur ragione il sindaco, ma la notizia é corsa sulla bocca di tutti, dopo essere stata pubblicata. E qualcosa di simile é capitato ad altri indagati. Ricordiamoci che un cinquanta per cento di indagati, a processo concluso vengono assolti per non aver commesso il fatto, o con altre formule, quando il procedimento a loro carico non viene prima archiviato
Nel caso del piccolo Loris si sono verificati fin dall'inizio gravi violazioni della deontologia professionale dei giornalisti. Il nome, l'indirizzo della famiglia, compreso il nome dell'altro piccolo di quattro anni, fratellino della vittima, sono stati dati in pasto a tutti dalla stampa, dalla televisione e da ogni altro mezzo di comunicazione. Certo, in una piccola città come quella in cui é avvenuto il fatto, i concittadini avrebbero subito individuato il nucleo familiare, anche senza i particolari forniti dai comunicatori, ma la pubblicità eccessiva di dati sensibili ha permesso anche a un milanese o ad un altoatesino di avere contezza di aspetti, parentele e amicizie che per il momento potevano restare segreti.
La legge sulla stampa, la deontologia dell'Ordine dei Giornalisti, i decaloghi e le raccomandazioni delle Agenzia a tutela della corretta informazione e del contenuto dei programmi televisivi vietano, con sanzioni, la divulgazione di notizie non essenziali ad una completa e corretta informazione, per la salvaguardia della dignità delle persone coinvolte.
Quindi, i raffinati commentatori hanno alzato vibrate proteste contro l'uso spettacolare dei mezzi di comunicazione, chiedendo implicitamente o esplicitamente nuove e più severe norme.
Tra l'altro esistono già, e da tempo, norme severe e numerose a salvaguardia della privatezza e della dignità delle persone, specialmente se si tratta di minori. Ma si tratta di ostacoli deboli per la marea montante del nuovo sistema della comunicazione, che vive di sensazionalismo. Nemmeno norme più severe riuscirebbero ad arginare il malvezzo. Chi può mai riuscire ad imbrigliare la Rete, dove ognuno può scaricare le notizie e i video che gli pare? Ed é la sete di sensazionalismo della società degli utenti a spingere anche i tradizionali organi di informazione a rendere in ogni modo più visibile la loro comunicazione, per vendere di più o per avere più audience.
Può sembrare, la mia, un'analisi pessimistica, ma é quella più aderente alla realtà, e suffragata da quello che continuamente si sente e si vede.
Leonardo Agate
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