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14/12/2014 06:20:00

Truffa dell'eolico, chiesti a Milano cinque anni di reclusione per Vito Nicastri

 Il pm Luigi Luzi ha chiesto ieri al Tribunale di Milano  la condanna a 5 anni e 8 mesi, più la confisca di 5,6 milioni sotto sequestro in Italia e di altri 2 milioni a Malta, per lo «sviluppatore» di parchi eolici Vito Nicastri, di Alcamo, imputato di truffa allo Stato e omessa dichiarazione fiscale. Chiesti anche 4 anni e 10 mesi per Gaetano Buglisi e 4 anni per Roberto Saja per truffa, nonché pene fra i 3 e  4 anni per altri cinque imputati, dai quali l’Avvocato dello Stato, Gabriella Vanadia, punta anche ad avere 13 milioni di risarcimento allo Stato.

Chi non conoscesse Vito Nicastri può leggere il profilo che ne ha fatto Il Mattino di Sicilia.

Nicastri, nel settembre 2010 destinatario in altra indagine a Trapani di una misura di prevenzione da 1 miliardo e 300 milioni come imprenditore ritenuto rapporti con il superlatitante di mafia Matteo Messina Denaro, a Milano è accusato di «una truffa realizzata ai danni del Fisco » nel 2008 sull’«ammontare di una plusvalenza tassabile» sparita tra Lussemburgo e Malta nel quadro di «una compravendita di quote societarie» della Windco da parte della lussemburghese Lunix. Per il pm si è trattato «di una “esterovestizione”, visto che i beneficiari di Lunix sono Nicastri e la sua famiglia che si interpongono nella vendita di un parco eolico in Sicilia, posseduto dalla Windco di proprietà di soggetti italiani, a un acquirente italiano, la Electrabel Italia».
Buglisi avrebbe «costituito ad hoc la società maltese Eryngium e, pattuendo una penale fittizia a carico di Lunix», si sarebbe fatto «trasferire da Lunix 10 milioni provenienti dalla plusvalenza a titolo di mediazione realizzata di Lunix, costruendo una giustificazione formale da Lussemburgo a Malta di somme poi in parte distribuite a società di cui erano
contitolari Buglisi e Saja».

L’affare della compravendita Windco, con i processi in corso a Saja, Nicastri, e Buglisi lo ha raccontato www.tp24.it in questo articolo.

Il Corriere della Sera ha inoltre raccontato che  uno degli accusati, Roberto Saja, ha dato in affitto per quasi tre anni all’ ex ministro della Giustizia Angelino Alfano un appartamento nel cuore di Roma a meno di 500 euro al mese, canone inferiore a quello di mercato per una casa sui 60 metri quadrati dietro Campo de’ Fiori.Un rapporto della Gdf in mezzo agli atti fa ora intuire come quasi due anni fa l’ inizio dell’ indagine avesse verificato alcune email sull’ appartamento nel cuore di Roma che la società Immobiltel riconducibile a Saija aveva preso in leasing da Banca Italease spa, e che da metà febbraio 2006 alla fine del 2008 affittò appunto ad Alfano (e dal 2009 invece a un suo collaboratore) per 485 euro al mese, canone favorevole in rapporto a stime medie fra i 1.400 e i 2.000 euro. Alfano non è mai stato ascoltato come teste. Saija ha spiegato di conoscere da tempo l’ ex ministro che occupava la casa pochi giorni a settimana, si era impegnato a lasciarla subito libera qualora necessario, e consentiva a visite di eventuali acquirenti: sicché Saija avrebbe privilegiato (invece dei soldi) il tenere in casa una persona di fiducia.

 A Buglisi, a Saija e ad altri 4 i pm Luigi Luzi e Carlo Nocerino contestano «fino a luglio 2008» di «aver ostacolato l’ identificazione della provenienza delittuosa di gran parte di un “fondo nero” di 12,9 milioni, profitto di una truffa realizzata ai danni del Fisco» sull’ «ammontare di una plusvalenza tassabile» sparita tra Lussemburgo e Malta. «Artatamente pattuita una penale» per avere la scusa con la Eryngium Ltd di «incassare a titolo di pagamento 10 milioni», Buglisi e Saija avrebbero poi «effettuato, allo scopo di far rientrare le somme in Italia, trasferimenti di denaro a titolo di “finanziamento soci” o per “pagamento competenze professionali” o senza alcuna causale».

Aggiornamento: Il procedimento marsalese indicato in questo articolo si è concluso, in primo grado, con sentenza n.113/2014, con la quale è stato dichiarato dal Gip presso il Tribunale di Marsala il non luogo a procedere nei confronti di Buglisi e di tutti gli indagati perchè il fatto non sussiste; la pronunzia è stata poi confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 981/2015, che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza del Gip. Con sentenza del 17 Marzo 2016, poi, la Corte di Appello di Milano, Sezione Quarta penale, riformando la sntenza emessa dal Tribunale di Milano, ha assolto Buglisi per "non aver commesso il fatto". Il procedimento pendente dinnanzi l'Autorità Giudiziaria di Brindisi si è concluso con un un provvedimento del 12 Novembre 2015, con il quale il Gup ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, per essere competente il Tribunale di Roma".