Hanno cercato di difendersi dalle accuse loro mosse alcuni degli imputati del processo scaturito dall’indagine dei carabinieri di Marsala che nel 2007 consentì di far luce su una serie di truffe, o presunte tali, che sarebbero state commesse nella compravendita di auto di grossa cilindrata sull’asse Italia-Germania. Con un giro d’affari valutato in oltre un milione di euro. A fine luglio 2007, furono arrestati i fratelli gemelli Giovanni e Giorgio Arena, pregiudicati, originari di Palermo ma residenti a Marsala, dove gestivano “di fatto” la “Autoelite srl”. Obbligo di dimora, invece, per Pietro Giuseppe Centonze, sorvegliato speciale e cugino del capo mafia Natale Bonafede. Dell’organizzazione avrebbero fatto parte anche Elena Ventura, madre dei fratelli Arena, i marsalesi Domenico Crimi, Giuliano Balsamo, Gianvito Marino e Saverio Fici, tutti dipendenti dell’Autoelite. Imputati, per falso, anche quattro titolari di agenzie di pratiche automobilistiche: Concetta Pinto, Piero Genna, Girolamo Stassi e Patrik Basile. Adesso, in Tribunale (presidente del collegio: Sergio Gulotta), alcuni di loro hanno cercato di rintuzzare le accuse. Giorgio Arena, in particolare, ha dichiarato di non aver avuto un ruolo predominante nella gestione dell’autosalone. Hanno deposto anche Centonze e Basile. Quest’ultimo, noto per essere stato consigliere comunale, ha affermato: “Mai rilasciato un documento sostitutivo della carta di circolazione, ma un aggiornamento e per fare ciò non è necessario trattenere gli originali della carta di circolazione”. A Basile è stata contestata anche una falsa dichiarazione in merito a una richiesta di cancellazione di un veicolo. “Mi si è presentato – ha spiegato l’ex consigliere comunale - un uomo con targhe e documenti originali dell’auto e patente e ho fatto la cancellazione, credendo che fosse la persona che dichiarava di essere”. Prossima udienza il 4 febbraio, quando verranno ascoltati una serie di testimoni citati dai difensori degli imputati. In precedenza, nel corso del processo, sono stati ascoltati diversi investigatori. Uno di loro, il maresciallo Pietro Fiorentino, ha spiegato: “Ogni auto veniva consegnata con i documenti che la autorizzavano a circolare per un mese, l’acquirente dava la caparra, ma i documenti originali spesso erano ancora in possesso del primo proprietario. All’Autoelite vendevano auto virtuali, ossia che non avevano in disponibilità, ma incassavano la caparra”.
CASCIO. Condannati a quattro mesi di reclusione ciascuno i medici dell'Ospedale di Alcamo “San Vito e Santo Spirito”, Francesca Lombardo e Salvatore Costantino, insieme ai medici del nosocomio di Marsala, Giuseppe Maggio, Attilio Mancino e Pietro Ruggirello, per omicidio colposo per colpa medica che ha visto il decesso dalla signora Cascio Anna Maria. Questa la sentenza del Tribunale monocratico di Trapani, presieduta dal Dott. Franco Messina, all'esito di un lungo processo durato tra attività di indagine e attività dibattimentale oltre sette anni. Una sentenza che ha visto accolta la tesi delle parti civili, ovvero dei genitori della signora Cascio difesi di fiducia dall'Avv. Valerio Duca e del coniuge e dei fratelli della stessa difesi di fiducia dall'Avv. Sergio Vitale. La vicenda risale all'agosto del 2007 quando la signora Cascio Anna Maria lamentando forti dolori addominali si presentava per ben due volte presso l'ospedale di Alcamo. In quell'occasione i medici Lombardo e Costantino che la presero in cura non effettuarono i dovuti esami nè diagnosticarono il tumore al colon di cui la giovane donna era affetta e la dimisero. Ricoverata d'urgenza presso l'ospedale marsalese la signora Cascio fu sottoposta a due interventi chirurgici effettuati d'urgenza, il primo dei quali a ben cinque giorni dal ricovero, il cui modus operandi è risultato inidoneo rispetto al caso della giovane donna,
con ciò portando alla morte della stessa.