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30/03/2015 06:35:00

A Trapani la lotta alla mafia si vince se si utilizzano al meglio i beni confiscati

 Misure di prevenzione e difficoltà nel rilancio dei beni confiscati sono state al centro di un congresso che a Trapani ha visto riuniti magistratura, imprese ed amministratori giudiziari. La mafia si muove, ma i piccioli restano lì. Restano fermi i conti bancari, restano ferme le aziende mentre i lavoratori restano a casa. E' questo uno degli allarmi che da alcuni anni fa da cornice alle quotidiani aggressioni ai patrimoni dei boss. Troppe volte abbiamo sentito dire «la mafia da lavoro, lo Stato lo toglie». Una frase che – come tutti i luoghi comuni – trae origine da una base di verità, per costruirne una parallela. Falsata. Una frase che, sussurrata dalle persone addette, lentamente conquista spazio a discapito di una realtà leggermente diversa che vede tutti gli addetti ai lavori impegnati in una riflessione costruttiva. Perchè, che da questo snodo nevralgico passi buona parte della credibilità nella lotta alla mafia, lo si è ben capito.

«Quì al Tribunale di Trapani, ad esempio, abbiamo una sola sezione penale che, attraverso una sottosezione, si occupa delle misure di prevenzione. Avere una sezione unicamente dedicata a questo compito potrebbe darci un ritorno immediato dei beni confiscati. Un ritorno palpabile per i cittadini». A dirlo è stato Samuele Corso, presidente dell'Anm durante la presentazione del convegno “Imprese e misure di prevenzione” organizzato dall'Associazione nazionale magistrati e Confindustria nell'aula bunker del Tribunale di Trapani. «Quando parliamo di gestione dei beni confiscati – ha detto Piero Grillo, presidente della sottosezione misure di pevenzione - dobbiamo distinguere i beni mobili da quelli immobili e soprattutto dobbiamo analizzare singolarmente la questione delle aziende. A volte capita di rilevare delle aziende che vincevano parecchi appalti, ma una volta sequestrate, nonostante i progetti vengano stilati dagli stessi stimati professionisti, non li vincono più. E questo è strano in un territorio in cui ci sono stati diversi episodi di alterazione delle gare di appalto».

«C'è bisogno di una seria riflessione sulle modalità di organizzazione del patrimonio confiscato – ha dichiarato Andrea Tarondo, sostituto procuratore della Procura di Trapani – è chiaro che quando riscontriamo delle anomalie gestionali è utile fermare per un po' le attività aziendali, ma poi è necessario ripartire. La gestione di questi beni, soprattutto quelli finanziari, non deve finire nel calderone dell'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati. Questo è un concetto sociale e politico. Bisogna far percepire il ritorno sociale dei beni sottratti alla criminalità che ci dimostra di essere in perenne sviluppo. A Trapani stiamo portando avanti un progetto che riguarda la realizzazione di un Consorzio del calcestruzzo. In questo momento si tratta di un progetto pilota, seguito con molta attenzione dal Ministero dell'Interno». Un progetto che ha il sapore della sfida, piuttosto che della sconfitta.

Marco Bova