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31/03/2015 06:30:00

Mafia, affari e tangenti. Palazzolo racconta la nascita di Kartibubbo a Campobello

 E’ considerato il grande riciclatore del denaro di Cosa nostra, Vito Roberto Palazzolo, arrestato dopo un lunghissima latitanza in Sudafrica. Portato in Italia Palazzolo ha cominciato a parlare. Ha raccontato, secondo quanto si apprende dai pochi verbali di cui si conosce il contenuto, di quello che succedeva dalle parti di Campobello, con il villaggio Kartibubbo. In sostanza il racconto di Palazzolo conferma i risultati delle indagini della Direzione Investigativa Antimafia su Calcedonio Di Giovanni. Imprenditore di origine di Monreale, ma che negli anni 70 comincia a fare affari in provincia di Trapani. Ad ottobre a Di Giovanni vengono sequestrati beni, tra società, immobili, conti correnti, per 450 milioni di euro.
Secondo quanto sostenuto dalla DIA, la scalata imprenditoriale di Di Giovanni sarebbe stata“indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. Tra i beni milionari ci sono anche un centinaio di case nel villaggio turistico di Campobello di Mazara Kartibubbo in cui, secondo gli investigatori, sarebbe emerso “il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo”.
“Il villaggio Kartibubbo viene rilevato dal Di Giovanni - si legge nel provvedimento del Tribunale presieduto da Piero Grillo - con un notevole investimento posto in essere in un momento in cui Di Giovanni era del tutto sfornito di redditi leciti”.
I proventi per la costruzione del villaggio proverrebbero, quindi, dai soldi di Cosa Nostra che il finanziere, per anni latitante in Sudafrica, avrebbe riciclato agli ordini dei boss di Corleone.
E comincia proprio da qui le sue rivelazioni Vito Roberto Palazzolo, dagli affari, le tangenti, i rapporti con i politici e con Di Giovanni su Kartibubbo. Palazzolo racconta che nel corso degli anni 70, quando faceva la spola con la Germania, aveva incontrato soci tedeschi, parla di “imprenditori e politici”, per realizzare il residence di Kartibubbo. Il tutto si sarebbe realizzato attraverso la Corporation Park, una delle società di Di Giovanni finite sotto sequestro. Per la realizzazione del complesso turistico, racconta Palazzolo, “erano stati frapposti diversi ostacoli burocratici e il sindaco Nenè Passanante si era opposto al progetto”. Per sbloccare utto si era chiesto l’aiuto “ad un certo Centineo che a sua volta si era rivolto a Nenè Geraci che incontrò Passanante”.
Nenè Geraci, il boss deceduto della cosca mafiosa di Partinico. L’inghippo si sarebbe risolto attraverso le tangenti, racconta il finanziere ritenuto il gran riciclatore dei soldi di Totò Riina. “Le vicende si appianarono mediante i pagamenti quando si rivolsero ad un progettista di area socialista, tale ingegnere Toscano”. I “pagamenti”, sarebbero le tangenti. “I fondi per il pagamento delle tangenti vennero recuperati attraverso una sopravvalutazione dell'opera, apparentemente indicata in due miliardi e mezzo di lire mentre ne sarebbero bastati due miliardi”.
La costruzione di uno dei più grandi discussi residence della provincia passa dalla politica. La vecchia politica degli anni 70. Palazzolo racconta che “Toscano presentò tale Vito Cusumano, onorevole socialista, che fu la persona che riuscì a risolvere i problemi autorazzativi con le tangenti”. Vito Cusumano, deceduto anche lui, fu sindaco di Salemi, deputato per due legislature e componente della commissione lavori pubblici. L’affare si fa. Manca l’ultimo passaggio, intestare la società a qualcuno fidato e insospettabile. Così racconta Palazzolo come entrò in gioco Calcedonio Di Giovanni, che in quei tempi si avvicinava all’imprenditoria e dirigeva il Mazara Calcio: “Il sindaco Passanante aveva proposto di cedere la società. La Campobello Park venne venduta con l'intermediazione di Nino Geraci ad un certo Calcedonio Di Giovanni. Era il residence Kartibubbo". A Geraci andarono 20 milioni di vecchie lire per la “commissione”, con quei soldi ci comprò una villetta a Trappeto, che secondo i racconti di Palazzolo veniva usata anche per i summit con Brusca, Bagarella, Riina, Mariano Agate e altri esponenti mafiosi trapanesi.