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09/04/2015 06:40:00

Giuseppe Cimarosa: "Mio padre non è mafioso, noi vittime dei Messina Denaro"

Giuseppe Cimarosa, la sua storia ha fatto il giro del mondo. Suo padre è cugino acquisito di Matteo Messina Denaro, è stato tra gli arrestati nell'operazione Eden, e ha cominciato un percorso di collaborazione con la giustizia. E lei si è ribellato, ha detto che non appartiene a quel mondo. Lo ha fatto in tante interviste e trasmissioni televisive, lo ha raccontato anche alla Leopolda siciliana del Pd, o la “Faraona” come è stata ribattezzata. Come ha maturato questa decisione di ribellarsi?

 

In realtà non ho maturato nulla. La mia non è stata una presa di coscienza, perché io non ho mai condiviso gli ideali mafiosi e sono stato sempre contrario a questo meccanismo. Avendo questa parentela, sapevo cosa poteva significare. Sapevo di poter esserne compromesso, anche se non personalmente, ma attraverso mio padre. Diciamo che la scelta è stata più quella di mio padre che la mia. Io mi sono limitato soltanto ad affiancarmi a lui. L’unica cosa che ho guadagnato è stata la libertà di poter dire a tutto il mondo ciò che prima dicevo soltanto a casa e tra gli amici.

 

In un’intervista, lei ha dichiarato che suo padre “essendo un dichiarante, non ha dato informazioni tali da costringerci ad entrare necessariamente in un programma di protezione”, che invece è previsto per i collaboratori di giustizia a tutti gli effetti. Suo padre stesso però, da subito, ha tenuto a precisare: “Non sono un pentito, non mi sento mafioso”. Ma è stato condannato a 5 anni e 4 mesi. Secondo lei, suo padre è un mafioso?

 

Un conto è una condanna per associazione mafiosa, anche se non definitiva perché c’è ancora il processo d’appello, altro conto è quello che uno sente nella coscienza. Mio padre non ha mai sposato gli ideali mafiosi. Lo ha detto anche la pubblica accusa nella scorsa udienza. Hanno studiato la psicologia di mio padre e si sono resi conto di avere davanti una persona che sicuramente ha sbagliato ma non un mafioso in pieno, che era felice di fare quello che faceva. Certo, l’accusa è comunque grave, però lui è felice perché ha avuto la possibilità di dare un taglio a questo contatto che sarebbe rimasto eterno se non avesse preso questa decisione. Lo ha fatto soprattutto per me e per mio fratello. E’ stato un gesto d’amore. Lui già in passato aveva avuto dei precedenti, a causa degli avvicinamenti con i Messina Denaro. Nel ’98 era stato condannato, ma io e mio fratello eravamo piccoli e anche lui era giovane. Allora era inconcepibile un pentimento o anche soltanto fare certe dichiarazioni. Sarebbe stato molto grave, sappiamo qual è il meccanismo locale. In quel momento fece la scelta più semplice per lui e per la sua famiglia, anche perché diversamente non avrebbe più lavorato a Castelvetrano e sarebbe dovuto andare via. Adesso invece, in uno dei nostri colloqui, disse di essersi pentito di non essersi pentito allora. Se l’avesse fatto prima, oggi non ci sarebbe stato questo episodio. Con un’azione come questa, sei finito per i mafiosi, non ti cercheranno più perché sei compromesso. E mio padre è felice di essersi compromesso in questo senso adesso. Lo ha fatto per esasperazione, perché ha pensato al futuro dei suoi figli e perché era sicuro che la sua scelta fosse stata sposata da me, mio fratello, mia madre. A sorpresa, è stata una scelta condivisa anche da mia nonna, che è la zia di Matteo Messina Denaro.

 

Chiariamo bene la parentela: Matteo Messina Denaro è il cugino di primo grado di sua mamma.

 

Si, anche se con mia mamma non c’è mai stato un rapporto. Per trent’anni mia nonna e la mamma di Matteo Messina Denaro, che sono sorelle, non si sono parlate.

 

Come approda alla Leopolda siciliana? E’ stata un’idea del Pd di Castelvetrano? Fino a poco tempo fa la città aveva un vicesindaco del Pd.

 

Io non sapevo nemmeno cosa fosse la Leopolda e il Pd di Castelvetrano non c’entra nulla. Il padre di un mio allievo è amico di Alberto Firenze, che stava organizzando questa manifestazione. Un giorno a cena parlarono di me e alla fine mi fu proposto di partecipare.

 

Lorenzo Cimarosa, suo padre, non impensierisce più di tanto Matteo Messina Denaro perché sa davvero poco? Oppure il boss è convinto che quello che sa lo terrà per sé?

 

Mio padre ha detto tutto quello che sapeva. Non aveva altro da dire. Probabilmente il fatto che ci fosse questo legame di parentela avrà fatto pensare che lui sapesse addirittura dove si trovi Matteo Messina Denaro. Posso garantire che mio padre è stata soltanto una persona sfruttata.

 

Dopo il clamore mediatico legato alle esternazioni di suo padre e alle sue apparizioni televisive, che cambiamento c’è stato nella frequentazione del suo maneggio da parte dei clienti?

 

Prima dell’arresto di mio padre, questo maneggio era frequentato da tantissime persone. Queste, guarda caso, dopo la notizia del pentimento hanno pensato bene di andar via. Alcuni anche bruscamente, senza nemmeno salutare. Ma dopo un paio di mesi sono cominciate ad arrivare nuove persone, consapevoli della nostra storia, che ci hanno dato molta speranza. Ci hanno fatto capire che Castelvetrano non è tutta marcia e che c’è la possibilità di riprenderci quello che è nostro.

 

A Servizio Pubblico lei ha dichiarato di non aver voluto che si facesse l’autopsia al suo cavallo, morto per un malore sospetto. Non sarebbe stato invece importante sapere se si fosse trattato di un attentato?

 

Quando è morto Lorenzo (si chiamava come mio padre) abbiamo pensato subito che poteva essere stata una ripercussione. Era uno dei due cavalli più importanti che avevo, ma non c’erano prove certe. Le cause sembravano essere riconducibili ad una colica. Se gli inquirenti avessero ritenuto opportuno fare l’autopsia, io non mi sarei opposto, ma ho preferito rimanere nel dubbio.

 

Sua nonna, Rosa Santangelo, è la zia materna di Matteo Messina Denaro. Intercettata dagli inquirenti parla di una riunione in cui il cosiddetto “posto del trono” (a servizio del boss) ritorna al vecchio detentore, Giovanni Filardo, un altro cognato appena scarcerato. Posto che fino ad allora sarebbe stato occupato proprio da suo padre Lorenzo. Una riunione alla quale avrebbe partecipato anche suo fratello Michele. E’ sicuro che i suoi familiari più stretti condividano con lei quest’avversione nei confronti di Matteo Messina Denaro?

 

Tengo a specificare una cosa. Si tratta di intercettazioni fatte ad una donna che non è per forza a conoscenza delle cose reali. Lei respirava le cose nell’aria, come le respiravamo un po’ tutti, non è che sapesse le cose nel dettaglio. Le intercettazioni, per quanto veritiere ed utili, molto spesso sono sicuramente travisate. Le cose possono essere fraintese. E poi non scordiamoci che qui si parla di familiari: mio padre è il cognato di Giovanni Filardo, facevano un lavoro affine. Quindi, magari quella che viene spacciata per un summit di mafia era semplicemente una riunione tra familiari, possibilmente una cena di Natale dove si parlava anche di lavoro. Inoltre, mio padre è accusato di aver preso il posto di Giovanni Filardo, ma quest’ultimo è stato assolto attualmente. Ad ogni modo, certo che i miei familiari più stretti sono con me. Ed io sarei felice un giorno che loro trovassero il coraggio di esporsi così come faccio io, perché mi piacerebbe che tutti sentissero quello che loro dicono.

 

Lei ha beneficiato dei soldi di suo padre. Oggi, il maneggio e la casa sono sotto sequestro. Sono soldi che suo padre ha guadagnato attraverso lavori che sarebbe stato difficile ottenere senza i Messina Denaro.

 

Se dobbiamo ragionare con questa ottica, allora chiunque faccia qualcosa a Castelvetrano è un colluso con i Messina Denaro, chi apre un albergo, un ristorante…

 

Però in questo caso è emerso che la MG Costruzioni, come ha anche detto suo padre, era il bancomat di Matteo Messina Denaro.

 

Questo è avvenuto soltanto negli ultimi due anni, a causa del denaro dato da mio padre. Ma noi abbiamo lavorato anche con altre ditte, come la Giuseppe Cimarosa, con cui lavoravamo e con cui abbiamo realizzato anche la nostra casa.

 

Il fatto che la MG Costruzioni fosse sua e di suo fratello non la imbarazza?

 

Non mi imbarazza affatto. Se poi si vuole pensare al cavillo per sminuire un gesto che nessun altro ha avuto il coraggio di fare, possiamo anche farlo. Ma non basterà per adombrare quello che stiamo facendo. C’è un procedimento in corso e qualsiasi cosa accadrà noi saremo pronti ad accettarla serenamente. Mio padre è stato complice in quei due anni in cui è stato cercato, ma perché non poteva dire di no. Lui ha sempre lavorato nella sua vita. E lavorava anche bene, anzi siamo andati in rovina a causa di questo avvicinamento, perché è stato salassato fino all’osso.

 

Però non tutti hanno la possibilità di poter lavorare, pubblicamente o privatamente, come ha fatto suo padre. Quindi, che quest’opportunità sia provenuta da Matteo Messina Denaro è una cosa molto concreta.

 

Si tratta comunque di cose ancora al vaglio dei magistrati. Io posso dire che sicuramente mio padre con la sua impresa, che poi era la mia e di mio fratello, lavoravamo molto bene. Mio padre era semplicemente bravo nel suo lavoro, eravamo bravi e per questo avevamo diversi lavori. Ma l’unica cosa che siamo riusciti a fare con le nostra due ditte, la Giuseppe Cimarosa e la MG Costruzioni, è stata casa nostra. Io sono sicuro che noi dimostreremo che questo è tutto nostro. Si dimostrerà che noi siamo stati estorti. Con l’avvicinamento dei Messina Denaro non abbiamo guadagnato niente, abbiamo soltanto perso. Mio padre deve pagare per essersi fatto avvicinare, per avere ceduto, ma non possiamo pagare tutti noi per la sua scelta, perché questo è nostro. Avremmo avuto anzi molto di più se non avessimo avuto i Messina Denaro attorno.

 

Cosa si sente di chiedere alla città di Castelvetrano, soprattutto a coloro che si occupano di antimafia sociale, di legalità?

 

Non conoscendo questo mondo prima e semplicemente essendomi trovato a saltare il fosso, volevo tra virgolette entrare nel gruppo dei buoni. Mi sarebbe bastato un marchio che suggellasse il mio no alla mafia. Mi sarebbe bastato essere all’interno di un’associazione antimafia, invece non ho avuto molto ascolto. Dalle associazioni mi è stato consigliato di tacere, di non rilasciare interviste, di evitare la sovraesposizione. Ma come fai a fare antimafia se non ti sovraesponi? Come fai a combattere l’omertà col silenzio? Comunque io non ho mai rinnegato fino in fondo mio padre, perché l’ho sempre saputo che non era mafioso, che non era per sua scelta che faceva certe cose. Se fosse stato un mafioso nell’anima, non mi avrebbe mai permesso di dire quello che dico. Quando mio padre finirà di scontare la sua pena, avrà lui delle cose da raccontare, sicuramente più interessanti delle mie. Ma il mio gesto può avere soltanto un valore di esempio sociale, per aiutare altri a prendere un po’ di coraggio e far diventare questo esercito contro la mafia sempre più numeroso. Solo questo. Io non ho denunciato una tentata estorsione, non ho fatto cose concrete. Magari l’avessi potuto fare.


Egidio Morici