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23/07/2015 06:45:00

Ciro Caravà. Dalle parate della legalità alla condanna per concorso esterno

“Sono il sindaco della legalità, sono il sindaco dell'antimafia”. Lo ripeteva sempre. Lo diceva quando era primo cittadino di Campobello, ad ogni intervista, ad ogni comizio. L'ha detto quando è stato arrestato, nel dicembre 2011. Lo diceva interrogato nel processo di primo grado, e poi dopo la sentenza di assoluzione. Lo pensa ancora, magari, Ciro Caravà, dopo la condanna a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Ribaltata, dunque, la sentenza di primo grado che aveva assolto Caravà nel 2014.
La storia di Caravà è quella controversa di un sindaco che per molti utilizzava l’antimafia come paravento ma che, in segreto, secondo i giudici della Corte d'appello di Palermo, dialogava con le famiglie della zona, aprendogli le porte del Comune. Comune che poi è stato sciolto per mafia.
Di Caravà, in questi anni, si è scritto e detto tanto. I primi sospetti sull'ex sindaco, rinnegato dal Pd, cominciano già nel 1992, quando era consigliere comunale di Campobello di Mazara. Nello stesso periodo il Comune di Campobello viene sciolto per mafia poiché, come si legge nel decreto di scioglimento, sono presenti “infiltrazioni della criminalità organizzata che condizionano la libera determinazione degli amministratori e compromettono l'imparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell'amministrazione e il funzionamento dei servizi”. Su Caravà, si legge nel decreto, si dice che sia in buoni rapporti con gli esponenti mafiosi locali Nunzio Spezia ed Antonino Messina. Lui si indigna, controbatte e così continua la propria vita politica. Dritto dritto fino agli anni 2000. Nel mezzo ci sono però precedenti più o meno pesanti, come quello sull'emissione degli assegni a vuoto.
Nel 2006 Caravà si presenta e vince le elezioni comunali, diventando primo cittadino di Campobello. Da allora, il neo eletto si forgia del titolo di “sindaco della legalità”, partecipa a parate antimafia, promette di sconfiggere il fenomeno nel suo territorio.
Nonostante le varie grane giudiziarie che coinvolgono il Comune di Campobello, il Consiglio Comunale e Caravà stesso (compresa una denuncia per voto di scambio), la sua egemonia territoriale si manifesta nuovamente nel 2011 quando, in corrispondenza delle elezioni comunali, Caravà stravince e viene rieletto sindaco anche grazie ad una stravagante campagna elettorale. Tra i punti cardine del suo programma vi sono, infatti, la promessa di sanare oltre 800 case costruite abusivamente nel litorale di Tre Fontane e l’intenzione di costruire un Casinò, visto dallo stesso sindaco come potenziale punto attrattivo per il turismo locale. Ma tutti i grandi imperi conservano al proprio interno le cause del loro futuro fracasso e così passa poco tra la sua rielezione quasi plebiscitaria e la fine di un’era per Campobello.
E’ il 16 dicembre 2011 quando i carabinieri del ROS arrestano l’allora primo cittadino nell’ambito di un’operazione antimafia in cui, oltre a Caravà, vengono arrestate altre 10 persone. L’operazione, denominata “Campus Belli”, ha l’obiettivo di far terra bruciata attorno a Matteo Messina Denaro, smantellando il giro di fiancheggiatori del boss latitante dal 1993. Gli si contesta di essere vicino alle famiglie mafiose della zona, di supportarli, addirittura di pagare i biglietti aerei ai familiari dei mafiosi per andare a trovarli nei penitenziari del Nord Italia.
Il processo in primo grado che segue, però, si conclude con una prima assoluzione da parte del Tribunale di Marsala a causa dell’impossibilità di dimostrare un rapporto diretto con gli esponenti mafiosi locali.
E così, dopo più di due anni trascorsi in cella, Caravà torna temporaneamente libero nel febbraio del 2014. Lui, però, il “sindaco dell'antimafia” si rende protagonista di altre vicende giudiziarie. Viene condannato dalla Corte dei Conti a restituire 304 mila euro per i danni causati per aver conferito, in qualità di Sindaco, incarichi di consulenza non motivati (di cui alcuni palesemente assurdi). I giudici contabili si ripetono condannnandolo a risarcire altri 112 mila euro di danno erariale, sempre per le spese allegre fatte con i soldi del Comune. A questo, si aggiungono altre condanne in primo grado: una per peculato nel giugno 2014, un’altra condanna a 4 anni e mezzo di reclusione per concussione nel febbraio del 2015.
La scorsa settimana la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo in merito all’operazione “Campus Belli”: 9 anni per concorso esterno in associazione di stampo mafioso per Cirò Caravà. Lui, uscito dimagrito dal carcere, sentendo la sentenza del giudice l'ha pensato ancora una volta: “e' un complotto della mafia, sono il sindaco dell’antimafia, il sindaco della legalità”.