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27/07/2015 20:46:00

Giacomo D'Angelo, un giovane di Paceco, racconta il suo sogno: la musica

 "Non serve a niente rifugiarsi nei sogni dimenticandosi della realtà ..."
Quante volte mi sono sentito ripetere questa frase!
Sono un giovane venticinquenne di Paceco, piccolo paese della provincia di Trapani.
A dieci anni ho iniziato lo studio del pianoforte. Da piccoli credo che si comincino ad esplorare nuovi mondi e nuovi percorsi personali, anche di tipo musicale, soprattutto per "simpatia", intesa nel suo significato etimologico piu' profondo che rimanda alla condivisione del"phatos", cioè della passione con chi ci circonda e ci stimola a fare qualcosa che, fino ad allora, ci è sconosciuto.
L'esplorazione iniziale dell'universo musicale mi ha, tuttavia, subito catturato, regalandomi, ben presto, una dimensione così intima e personale da trasformare la "simpatia" in "empatia". Ciononostante, a causa degli studi che ho scelto di proseguire (liceo scientifico) e ai diversi condizionamenti ambientali e sociali che intessono il modo di pensare e di vivere di tanti piccoli paesi, sono stato costretto ad allontanarmi dai miei sogni e dai miei progetti musicali.
Ho intrapreso, così, la "classica" vita di un adolescente: studio, scuola, amici, famiglia fino a convincermi che, probabilmente, la musica non faceva per me o, forse, io non ero fatto per la musica. Il bagaglio di resistenze e di scoraggiamenti che, allora, mi sono portato addosso mi ha tanto condizionato da non riuscirmi più a far sfiorare neppure i tasti di un pianoforte.
Per tanti anni, il tempo è passato così, senza stimoli, né voglie.
"Cosa devo fare della mia vita?" mi chiedevo continuamente.
La musica aveva solo fatto da sfondo alla mia adolescenza, mentre, in realtà, (e ciò in fondo lo sapevo da sempre!), quel che desideravo è che ne diventasse protagonista. Ho, però, fatto tacere i miei sentimenti per non deludere le aspettative altrui e ho cercato di fare qualcosa che soddisfacesse i desideri di chi mi circondava, qualcosa che potesse garantirmi un futuro migliore.
Così è arrivato prima il liceo e poi, finalmente, il fatidico giorno del diploma: 04-07-2009.
Quel giorno ho terminato gli esami parlando del suicidio, visto da Seneca come atto eroico, quasi a presagire cio' che di li' a poco sarebbe accaduto. Quella mattina ero soddisfatto e orgoglioso per il traguardo raggiunto, ma sentivo che mi mancava qualcosa, un qualcosa che mi potesse far sentire completo e il destino, facendo un percorso molto tortuoso prima di ripresentarsi a me, mi stava regalando un'opportunità.
È stato nel pomeriggio di quello stesso giorno, infatti, che una notizia stravolgeva la fugace felicità che mi aveva pervaso in mattinata: uno dei miei migliori amici, nonché compagno di scuola, si era ucciso. La disperazione e l'incredulità di tutti erano totali, ma io conoscevo bene Vito e sapevo che, ancora una volta, come già in tante altre occasioni, avrebbe voluto che il suo gesto non rimanesse privo di senso, vuoto, ma che dalla sua decisione trasparisse una senechiana "scelta eroica". Ho rimuginato tanto al riguardo e, così, nel primo Natale dalla sua scomparsa, ho deciso di fare qualcosa in sua memoria. L'affetto per il mio amico pressava sul mio cuore, l'amore per la musica bussava alla mia anima. Scoprivo dentro di me il senso, tutto mio, del suo gesto e ricambiavo organizzando, per il 7 gennaio 2010 presso una piccolissima chiesa, il "Concerto di Natale in memoria di Vito Mancuso", gettando, in questo modo, anche le basi per la nascita della corale "Spe salvi", ancora oggi diretta da me.
Vito mi ha regalato la speranza e il desiderio di credere incondizionatamente nel mio amore per la musica. A nulla sono valsi gli sproni a finire gli studi, ritenuti da tanti " particolarmente seri", in Giurisprudenza. Il mio cuore era sempre nello stesso luogo in cui, quando ero bambino, aveva incontrato "simpaticamente" le note; le mie dita erano ancora legate ai tasti neri e bianchi di quel primo pianoforte che avevo sfiorato.
Il destino mi ha dato la possibilità di comprendere che nella vita non si può non prestare attenzione alle proprie passioni; i sogni vanno interamente coltivati, nonostante i "se" e i "ma" perché tutta l'esistenza sia un capolavoro, una sinfonia perfetta che si imprime sul nastro del tempo.
Ho compreso che ci si può benissimo rifugiare nei sogni e vivere contemporaneamente la realtà, anzi occorre "usare" la realtà che ci si presenta per poter vivere i propri sogni.
Ho lasciato per questo motivo la facoltà di Giurisprudenza per iscrivermi al Conservatorio "Antonio Scontrino" di Trapani, dove studio tuttora nella classe di pianoforte principale del Direttore M° Walter Roccaro, a cui devo tanto.
Oggi sono uno studente di musica molto felice; lavoro nelle scuole grazie a progetti extracurriculari di educazione musicale; suono l'organo nella mia parrocchia e, soprattutto, dirigo ancora quella corale che è nata per Vito sei anni fa. Ogni anno si rinnova l'appuntamento col concerto di Natale: i sedici componenti della corale, sia studenti del Conservatorio che semplici appassionati, sono accomunati dal desiderio di divulgare con gratuità la musica e fanno da perfetta cornice a quella passione musicale che mi pervade ormai in ogni luogo e in qualsiasi momento.
Non so ancora cosa farò nel futuro, quali tipo di esperienze lavorative potrò sfruttare; sicuramente "domani" potrò, però, guardarmi allo specchio e dire a me stesso di aver fatto ciò che per cui, oggi, so di essere nato.
Mi auguro che dalla lettura di questa mia lettera, che con gentilezza e disponibilità avete accolto, si possa trarre uno stimolante invito per i giovani ad ascoltare il proprio "io" più profondo per poter seguire i propri sogni e concretizzarli, senza fossilizzarsi sull'altrui giudizio e sul modo di pensare di una società che, spesso, tende a disilludere e a distruggere la speranza. Essa, invece, è ancora l' unica che ci permette di sognare; non a caso il mio amico Vito diceva che "chi muore senza aver sognato, muore due volte " .

Giacomo D'Angelo