Patologie inesistenti e condizioni psichiche regolari. E' questa l'estrema sintesi generata dalla perizia psichiatrica stilata dai consulenti del Tribunale di Trapani sulle condizioni di don Sergio Librizzi. Il parroco, arrestato nel giugno 2014 per violenza sessuale ai danni di richiedenti asilo, attualmente si trova sotto processo dinanzi al gip Antonio Cavasino. La pubblica accusa è sostenuta dal sostituto Paolo Di Sciuva e tra le parti civili oltre al Comune di Trapani e alle associazioni Codici (avv. Giovanni Crimi) e Asgi si sono costituite molte delle vittime che avrebbero subito le avance del prelato. Il processo vede imputato Librizzi per alcuni episodi di violenza sessuale nati nell'ambito del suo ruolo all'interno della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, ottenuti «minacciando implicitamente di avvalersi di esso al fine di negare o ostacolare il riconoscimento dello status». In sostanza, per l'accusa, l'ex direttore della Caritas trapanese avrebbe promesso di accelerare i tempi per il riconoscimento dello status di rifugiato in cambio di favori sessuali.
Il procedimento si svolge con il rito abbreviato e sin dal primo momento l'aspetto psichiatrico del prelato ha caratterizzato le diverse fasi giudiziarie. Diagnosi - descritte nell'udienza di ieri - che avrebbero addirittura compromesso l'andamento del processo. Poco dopo il suo arresto Librizzi ottenne gli arresti domiciliari in quanto «incompatibile» con il regime carcerario. Valutazione contestata dalla nuova perizia che sostiene come «l'esame clinico diretto ha consentito di escludere la presenza di psicopatologie strutturate e clinicamente rilevanti. E' evidente che non ci troviamo di fronte ad un quadro psicotico. Situazioni di nevrosi strutturata specifica non sono osservabili». Ma non solo. In seguito alla nuova perizia sono soprattutto le valutazioni espresse dal dottor Gaetano Vivona – medico di parte nominato dalla difesa di Librizzi, che lo aveva inizialmente definito «affetto da un distrurbo bipolare» ndr - ad essere capovolte.
«Nel caso in esame la diagnosi di disturbo bipolare non può essere condivisa – si legge nella nuova perizia - non si hanno notizie di attegiamenti o condotte del Librizzi che possano lasciar pensare ad un quadro di ipomania». Secondo i medici è «scientificamente insostenibile» che Librizzi abbia finto «sapendo gestire i propri comportamenti» salvo «perdere il controllo solo in occasione degli incontri sessuali con gli extracomunitari». «Non si condivide – continua la relazione – la diagnosi di parafilia. Infatti le parafilie o deviazioni sessuali si caratterizzano per la presenza di fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti ed insensamente eccitanti sessualmente, che coinvolgono oggetti non umani». Sul punto il giudice Cavasino ed il pm Di Sciuva hanno interrogato i due relatori, il dottor Maurizio Marguglio e dallo psichiatra Domenico Micale che hanno confermato il contenuto. «Attendiamo la sentenza – ha affermato l'avvocato Giovanni Crimi, dell'associazione Codici - certi di aver osservato un quadro chiaro, univoco e cristallizzato sui crimini sessuali consumati da una persona in grado di intendere e volere». «Secondo il nostro quadro difensivo – ha dichiarato al termine dell'udienza l'avvocato Donatella Buscaino, che rappresenta il prete in aula – le condizioni psichiatriche di Librizzi durante la sua attività nella Commissione territoriale non erano prive di problematiche. La nostra linea si baserà su tre punti: le difficoltà psichiatriche di Librizzi, la contestazione di alcuni fatti specifici ed il capo di imputazione». Il procedimento che ormai si trova alle battute finali è stato rinviato al 19 settembre. In quell'udienza avranno inizio le discussioni che seguiranno il 22 settembre.
Marco Bova