Con un’autentica raffica di richieste di costituzione di parte civile, è iniziato davanti il Tribunale di Marsala (presidente Sergio Gulotta) il processo ai sei personaggi coinvolti nell’indagine della Dda sul sistema, secondo l’accusa “illegale”, di raccolta e smaltimento dei rifiuti gestito dall’Ato Tp1 in diversi Comuni della provincia di Trapani. Alla prima udienza, intanto, è emerso che un atto di citazione, quello diretto al legale del “responsabile civile” Aimeri, è stato notificato a un avvocato omonimo: il catanese Giovanni Grasso. Bisognerà, quindi, a una nuova citazione. E per questo motivo, il tribunale ha deciso un rinvio a “lunga gittata”. Si riprenderà il 21 ottobre. Nel frattempo, in aula, si è proceduto alla costituzione delle parti: accusa, difesa e appunto parti civili. Queste ultime sono addirittura undici. Otto avevano già avanzato istanza davanti il Tribunale di Trapani, poi dichiaratosi territorialmente “incompetente”. Sono il ministero dell’Ambiente, i Comuni di Marsala ed Erice, le associazioni “Codici” Onlus, Sicilia e Ambiente, il Movimento difesa del cittadino e l’Antimafie e Antiracket “Paolo Borsellino”. Davanti il tribunale marsalese hanno avanzato analoga richiesta anche Wwf, Legambiente e Comune di Paceco. A rappresentare il ministero dell’Ambiente è Angelo Nicotra, dell’Avvocatura dello Stato. Altri legali di parte civile sono Luigi Cassata, Peppe Gandolfo, Angelo Nicotra, Vincenzo Maltese, Maria Letizia Pipitone e Davide Bambina. Alla sbarra degli imputati sono Salvatore Alestra, ex direttore dell’Ato Tp1, il direttore area Sud dell’Aimeri Ambiente, Orazio Colimberti, il capo impianto del cantiere di Trapani, Salvatore Reina, Michele Foderà, amministratore di fatto della “Sicilfert” di Marsala, Pietro Foderà, socio e responsabile dei conferimenti nella Sicilfert, e Caterina Foderà, responsabile amministrativo della stessa società. Ad Alestra e Colimberti è contestato il reato di corruzione (Alestra non avrebbe denunciato i disservizi di Aimeri per ottenere favori da Colimberti; a mediare tra Ato e Aimeri ci sarebbe stato l’allora senatore del Pd Nino Papania), mentre agli altri il conferimento e il traffico “illecito” di rifiuti. Dall’indagine della Dda è sostanzialmente emerso che l’Aimeri Ambiente “sin dall’inizio” non avrebbe differenziato i rifiuti, vanificando così l’opera di migliaia di cittadini, ai quali, per altro, negli ultimi anni sono state recapitate bollette sempre più salate. A Marsala praticamente triplicate nel giro di un triennio. Il nuovo sistema, infatti, ha visto aumentare a dismisura, come evidenziato dalla commissione consiliare d’inchiesta presieduta dal socialista Michele Gandolfo, il costo di raccolta e smaltimento dei rifiuti. E la ‘’differenziata’’, che ha richiesto l’impiego di un maggior numero di netturbini, secondo gli investigatori, in realtà non sarebbe stata attuata. Vanificando così anche l’impegno di quei cittadini che, quotidianamente, hanno separato i vari tipi di rifiuti. Il gup ha, poi, rigettato l’istanza dei legali dell’Aimeri che avevano chiesto di escludere la società dal novero dei responsabili civili, lamentando la loro assenza (perché non convocati) in alcuni atti d’indagine “irripetibili”. A difendere gli imputati sono gli avvocati Massimo Mattozzi, Vito Agosta, Valentina Castellucci, Diego e Massimiliano Tranchida, Giuseppe Cavasino e Paolo Paladino. A rappresentare l’accusa: i pm Carlo Marzella e Andrea Tarondo. Il 21 ottobre si continuerà con le “questioni preliminari”.