L'ex provincia di Trapani è stata condannata a reintegrare nel posto di lavoro e a risarcire il funzionario Vito Giacalone, che fu arrestato, ma che non è stato mai processato. L'ente dovrà pagare oltre 105 mila euro (105.249,50) a seguito della sentenza della Corte di Appello dello scorso mese di aprile. Il commissario dell’Ente, Giuseppe Amato, ha adottato la relativa deliberazione che, tecnicamente, prevede il riconoscimento di un debito fuori bilancio per la somma da corrispondere al dipendente.
Vito Giacalone nel 2003 era stato sospeso dal servizio per essere rimasto coinvolto nel cosiddetto scandalo degli appalti truccati e, nonostante non avesse subìto alcun processo, perché non è stata mai fissata neanche l’udienza preliminare, la sua sospensione era stata sistematicamente rinnovata.
Dopo una serie di contenziosi (è anche risultato soccombente in due diverse cause e sono state rigettate tanto le richieste di reintegro nel posto di lavoro che quelle della corresponsione delle retribuzioni per il periodo di sospensione), Giacalone, infine, ha avuto riconosciuto dalla Corte di Appello di Palermo, Sezione Controversie del Lavoro, il diritto a di essere riammesso in servizio «con decorrenza giuridica ed economica dal 23 dicembre 2010» e di avere corrisposte le «differenze retributive tra quanto avrebbe dovuto percepire» e quanto, in realtà, gli è stato finora corrisposto, il cosiddetto «assegno alimentare», una minima parte dello stipendio. Il Libero consorzio comunale di Trapani anche davanti alla Corte di Appello aveva deciso di resistere in giudizio (la relativa delibera era stata adottata dall’allora commissario, l’ex pm Antonio Ingroia).
Giacalone fu arrestato nel 2003 in quella che doveva essere la "tangentopoli trapanese". Ai tempi aveva 49 anni, e fu arrestato poco prima delle 14, mentre era ancora nel suo ufficio, al piano terra del palazzo della Provincia, nelle stanze dell' assessorato al Patrimonio dove era stato trasferito dopo avere operato per quindici anni in quelli dell' assessorato alla Viabilità. Era accusato di corruzione, turbativa d' asta e falso, secondo le dichiarazioni di altri due arrestati, l' ex ingegnere capo Giovan Battista Grillo e l' esecutore amministrativo Francesco Placenza, e un imprenditore marsalese, Luigi Bonanno, reo confesso. Lo dipingevano come intermediario tra le imprese e i dirigenti dell' ufficio per truccare l' esito delle gare di appalto. Magari finendo con il toccare ambienti mafiosi. In qualche caso sarebbe stato direttamente Giacalone, quale segretario delle commissioni di gara, ad «aggiustare» l' esito delle aggiudicazioni, sostituendo l' offerta originaria della impresa da favorire con quella scritta negli stessi uffici, a gara aperta, con l' importo di ribasso percentuale corrispondente a quello utile per conseguire le aggiudicazioni. Dopo l'arresto, però, e l'iscrizione nel registro degli indagati, la posizione di Giacalone non si è mai chiarita, perchè ancora nel 2010, tecnicamente, l'indagine non era chiusa... La Provincia ha dovuto rinnovare i provvedimenti di sospensione, fino al ricorso del funzionario.