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20/09/2015 03:10:00

Comunque vada, la storia della riforma del Senato finirà male

 di Dino Agate - Comunque vada, la storia della riforma del Senato finirà male. Ammesso che vada avanti la tesi di chi vuole che i senatori siano eletti dal popolo, non sarà una vittoria per la democrazia. La seconda Camera, il Senato, non é un ingrediente necessario per il funzionamento del sistema democratico, prova ne sia che in molti paesi civili europei una seconda camera legislativa non esiste. Il nostro Senato é stato istituito seguendo l'esempio della seconda Camera inglese, quella dei Lord, che fu un escamotage del fautori del Regno, quando dovettero cedere la legislazione alla Camera dei Comuni, eletta dal popolo, mentre la seconda Camera era, ed é rimasta, con certe competenze, di nomina regia. In essa la regina del Regno Unito continua a nominare i rappresentanti delle antiche famiglie aristocratiche a lei fedeli. L'espediente fu un contrappeso monarchico al passaggio della legislazione in mano ai rappresentanti del popolo. In Italia, con l'avvento della Repubblica il Senato divenne elettivo, in circoscrizioni elettorali diverse da quelle destinate all'elezione dei deputati. In più si stabilì in Costituzione che non ci fossero differenze di competenze, ed ogni legge dovesse passare al vaglio delle due Camere. Se una proposta di legge veniva modificata in una delle due Camere, fosse solo in una virgola, la proposta doveva passare all'altra Camera per l'approvazione della modifica, e così da una Camera all'altra fino all'approvazione dello stesso identico testo. Così é avvenuto, ed ancora avviene in Italia, da quasi settant'anni. Il risultato é stato che certi provvedimenti che avrebbero potuto, e dovuto, essere approvati celermente, si sono impantanati nella strada melmosa della doppia lettura approvativa, annacquandosi ed estenuandosi nelle commissioni preparatorie dell'una e dell'altra Camera.

Nonostante da almeno un cinquantennio si siano rilevati i mali del bicameralismo perfetto, che tanto perfetto non si é dimostrato, ci si accapiglia adesso fra i diversi partiti, ed all'interno dello stesso partito egemone, il Pd, sulla bazzecola della elezione diretta o indiretta dei senatori. E' semplicemente un bazzecola, ma nessuno sembra accorgersene. Cosa può cambiare, nel funzionamento del Senato, il fatto che i suoi membri siano votati dal popolo o siano nominati fra i consiglieri regionali o fra i sindaci? Nessuno sa dare una risposta credibile. C'é chi afferma che l'elezione da parte del popolo in libere elezioni sia garanzia di maggiore democrazia. Sarà, ma un Senato con scarsi poteri resterà ugualmente insignificante. Se, poi, si volessero rimpolpare i poteri legislativi del Senato, si creerebbe di nuovo un doppione dell'altra Camera, e saremmo al punto di partenza.
Il nucleo del ragionamento dovrebbe, invece, essere questo: posto che l'attuale Senato é stato un peso all'efficienza del parlamento, conviene tenerlo con le funzioni ridotte che la proposta di riforma vorrebbe attribuirgli, o non sarebbe meglio abolirlo del tutto? Mantenerlo con funzioni ridotte, rispetto alle attuali, sarebbe solo un danno minore, ma sempre un danno costituirebbe tutte le volte che la sua maggioranza fosse di segno diverso da quella esistente alla camera. Se, poi, la maggioranza al Senato fosse solida e solidale con quella della Camera dei deputati, allora non si vede a cosa debba servire tenerlo in vita.
Si discute, intanto, e ci si accapiglia per il modo di elezione dei futuri senatori, quando si dovrebbe prendere atto dell'inutilità di un istituto che ha dato pessima prova di sé in quasi settant'anni.