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08/10/2015 07:00:00

Ex direttore del carcere di Marsala condannato a un mese per peculato

 Un mese di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici per peculato d’uso. E’ questa la pena inflitta dal Tribunale di Marsala, in “continuazione” con la precedente condanna, ormai definitiva, per falso ideologico, all’ex direttore del carcere di Marsala Nicolò Raimondo. Per lui, il pubblico ministero aveva invocato 9 mesi di reclusione. La vicenda oggetto del processo risale al 19 marzo del 2009, quando Raimondo, insieme all’ex comandante delle guardie, Giuseppe Bellomo, e all’ispettore della polizia penitenziaria Leonardo Giacalone, si recò a pranzo in un ristorante dell’entroterra marsalese, a oltre dieci chilometri dal centro, con l’auto in dotazione alla polizia penitenziaria. Per la difesa, però, il pranzo “era di natura istituzionale e non aveva a che fare con la festività”. Un pranzo al quale avrebbe dovuto partecipare anche l’allora dirigente del commissariato di polizia di Marsala Gianpaolo Cassandra, che però al ristorante non si presentò. Già ascoltato dal Tribunale (presidente del collegio Sergio Gulotta, giudici a latere Pierini e Moricca), Cassandra ha detto di ricordare quell’invito, ma non se fosse connesso a fini istituzionali. E non ricorda nemmeno se quel giorno avvertì che non sarebbe andato al pranzo. La centralinista del carcere ha, poi, dichiarato di non ricordare se il vice questore Cassandra chiamò per avvertire che non sarebbe andato. “Era un pranzo di lavoro – hanno ribadito nel processo gli avvocati difensori Maurizio D’Amico e Stefano Pellegrino – e quindi non sussiste il reato contestato. Nicolò Raimondo è estraneo all’accusa. Non c’era la volontà di ledere la pubblica amministrazione. L’incontro era di natura istituzionale. Tanto che a parteciparvi furono solo appartenenti alla polizia penitenziaria, se si eccettua don Vito Caradonna, che comunque era il cappellano del carcere”. Dopo la sentenza, l’avvocato Maurizio D’Amico ha dichiarato: “Ci appelleremo perché riteniamo che non sia stato leso l’interesse della pubblica amministrazione”. Per questa vicenda, nel febbraio 2010, Raimondo fu condannato (processo con rito abbreviato) dal gup Caterina Greco a sei mesi di reclusione per peculato e falso ideologico. Per il falso, la condanna è ormai definitiva, con sigillo della Cassazione, mentre l’imputazione di peculato è stata riformulata e tramutata in peculato d’uso con rinvio del processo in primo grado. A condurre l’indagine, coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa, è stata la sezione di pg della Guardia di finanza presso la Procura.