Inattesa svolta nel processo che, in Tribunale, vede imputati cinque medici accusati di avere contribuito a far percepire “indebitamente” la pensione d’invalidità per cecità. Il pm ha, infatti, chiesto l’assoluzione sia dei medici che della presunta “falsa cieca”, la 76enne marsalese Giuseppa Amato. I medici sono i quattro componenti della commissione dell’Asp che nel 2004 riconobbe la cecità (Saverio Urso, Gaspare Lucio Casano, Andrea Farina e Francesco Salvatore Pellegrino), nonché l’oculista Salvatore La Valle, la cui consulenza, secondo gli inquirenti (Compagnia della Guardia di finanza), avrebbe contribuito al riconoscimento della “falsa invalidità”. Le accuse a vario titolo contestate: falso, truffa aggravata e induzione in errore per il reato di falso. Adesso, la richiesta di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Qualche anno fa, a insospettire la Guardia di finanza fu il fatto che nel 2008, quattro anni dopo il riconoscimento della cecità, la commissione medica dell’Asp definì l’anziana “cieca parziale”. Ciò perché la donna riusciva a orientarsi nella stanza. “Il ripensamento del pm – dichiara uno dei difensori, l’avvocato Maurizio D’Amico - fa onore alla Procura. Anche se questo procedimento non doveva essere neppure avviato. Il dibattimento non ha fatto altro che confermare l’infondatezza della notizia di reato”. Nella prossima udienza, il 19 novembre, interverranno gli altri difensori: Stefano Pellegrino, Paolo Paladino e Diego Tranchida. Quest’ultimo legale della Amato. Nei confronti dei quattro medici della commissione, il gip Vito Marcello Saladino, su richiesta della Procura, nel 2013 dispose il sequestro “per equivalente” delle somme percepite dalla ‘’falsa cieca’’: 78 mila euro. Contro questa decisione l’avvocato difensore Stefano Pellegrino presentò ricorso in Cassazione. ‘’I medici – spiega il legale - avevano dichiarato la non cecità assoluta della paziente e disposto la revoca della pensione. Dall’atteggiamento posturale della paziente, che si orientava nello spazio, e dal fatto che invitata a firmare dal presidente della commissione esegue l’atto in modo soddisfacente, si ritiene che il visus sia superiore, evidenziando, la discrasia con la notazione cieca assoluta. C’è stato un errore materiale nella compilazione del verbale’’. La Cassazione, però, rigettò il ricorso della difesa. ‘’Nel 2008 – continua Pellegrino - i medici della commissione avevano decretato la cecità parziale, tanto che l’Inps aveva revocato la pensione. Poi, la signora Amato ha presentato ricorso contro la decisione della commissione e il giudice del lavoro le ha dato ragione, ordinando l’erogazione della pensione’’. Alla prima udienza del processo il capitano Lupo ha spiegato che l’indagine è stata avviata a seguito di una ‘’segnalazione telefonica anonima’’. Qualcuno riferì di una donna ‘’non cieca assoluta’’ che percepiva la pensione di invalidità. Furono, perciò, effettuati servizi di osservazione e pedinamenti e persino un video.