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10/11/2015 06:40:00

"Violenze in caserma a Pantelleria". Chiesta la condanna dei sette carabinieri

 La condanna di tutti gli imputati è stata invocata dal pm Antonella Trainito nel processo che in Tribunale, a Marsala, vede alla sbarra sette carabinieri nell’ambito del procedimento avviato dalla Procura (indagini della sezione di pg della Guardia di finanza) sulle violenze che sarebbero state commesse, nel 2011, a Pantelleria, su persone fermate per controlli di routine e le “omissioni” di chi avrebbe dovuto denunciarle. Di omissione di denuncia sono accusati il capitano Dario Solito, ex comandante della Compagnia dei carabinieri di Marsala, da cui dipende la stazione di Pantelleria, e il maresciallo Giuseppe Liccardi, che all’epoca dei fatti era comandante della stazione dell’isola. Mano pesante, invece, si contesta al maresciallo Claudio Milito, nonché a Luca Salerno, Lorenzo Bellanova, Rocco De Santis e Stefano Ferrante. La pena più severa (sette anni di carcere) è stata invocata per il maresciallo Milito. Quattro anni e mezzo, poi, sono stati chiesti per il maresciallo Liccardi, tre anni e mezzo per Salerno, tre anni per Bellanova, due anni e mezzo per De Santis, un anno e 8 mesi per Ferrante, 8 mesi per Solito. Il pm Trainito ha parlato di persone “pestate a sangue”, ammanettate senza motivo e in un caso anche chiusa a chiave in cella senza alcuna ragione giuridica. Per questo è stato contestato anche il sequestro di persona. Le accuse a vario titolo contestate sono lesioni, falso in verbalizzazioni, omissione di atti d’ufficio e di denuncia e favoreggiamento. L’indagine fu avviata a seguito della denuncia di un marsalese, Vito Sammartano, 43 anni, cuoco, che d’estate si trasferisce a Pantelleria per motivi di lavoro. ‘’Sono stato fermato ad un posto di blocco e condotto in caserma verso le 4 del mattino – ha raccontato Sammartano - e dopo l’alcoltest, a cui sono risultato positivo, seppur di poco, sono stato massacrato di botte’’. Nel corso dell’inchiesta, poi, sono emersi anche altri episodi dello stesso genere, tanto che la Procura diretta da Alberto Di Pisa ha individuato diverse altri “parti lese”. In tre si sono costituiti parte civile. Oltre a Vito Sammartano, anche il suo amico pantesco Massimo Barbera, entrambi assistiti dall’avvocato Gaetano Di Bartolo, e Giacomo Brignone, anch’egli di Pantelleria, assistito dagli avvocati Stefania Valenza e Leo Genna. A difendere gli imputati sono, invece, gli avvocati Stefano Pellegrino, Gianpaolo Agate, Maurizio D’Amico e Paolo Paladino. Le loro arringhe sono in programma per il 16 novembre.

“Truffa con legge 488 per costruzione albergo a Selinunte”. Slitta sentenza
Su richiesta del pm, che intende replicare alle difese, è slittata al 25 novembre la sentenza nel processo sul caso della contestata truffa ai danni dello Stato commessa, secondo l’accusa, attraverso i meccanismi della legge 488/92, nel corso della realizzazione del “Selinunte Beach Hotel”. Alla sbarra sono otto persone, per le quali il pm è stato costretto a invocare il “non luogo a procedere” per prescrizione dei reati. Troppi gli anni trascorsi dall’epoca dei fatti. In fumo, dunque, tutto il lavoro svolto dalla Guardia di finanza di Castelvetrano e dalla magistratura. La difesa (avvocati Vincenzo Basile, Giuseppe Bongiorno, Paolo Paladino, Giovanni Lentini, Massimo Mattozzi e Giovanni Messina) ha, però, chiesto al giudice di pronunciarsi nel merito con un’assoluzione. In caso di prescrizione, infatti, gli imputati, evitata la condanna penale, rischiano però di andare incontro a una serie di conseguenze di natura amministrativa. In subordine, la difesa si “accontenta” della prescrizione. Otto, alla sbarra tra imprenditori, commercianti e artigiani fornitori di beni e prestazioni d’opera che avrebbero emesso quelle “false fatture” necessarie per incassare gli “indebiti” finanziamenti. Contestati, a vario titolo, anche i reati di false dichiarazioni ed evasione fiscale. Imputati sono i castelvetranesi Giovanni Cascio, di 68 anni, Girolamo Grande, di 61, Eugenio Brillo, di 64, Mario Aldo Brillo, di 60, e Giacomo Fundarò, di 70, e i marsalesi Antonino Titone, di 57, Salvatore Ciaramidaro, di 61, e Girolamo Bartolomeo Castiglione, di 53. Artefici della truffa, secondo l’accusa, sarebbero stati Cascio, amministratore della Seven Turist, Grande, amministratore della Grande Immobiliare (con Eugenio Brillo) e della Costruzioni immobiliari, Amedeo Brillo, direttore dei lavori della Seven Turist, e Fundarò, amministratore della A.S. Costruzioni. I finanziamenti concessi furono di oltre due milioni e mezzo di euro. La struttura alberghiera, prima sequestrata e poi dissequestrata, è tutt’ora in funzione. E’ composta da tre corpi di fabbrica (per 88 camere, su due piani e cantinato). False fatture e false dichiarazioni, secondo gli investigatori, indussero i funzionari del ministero delle Attività produttive ad autorizzare, nel maggio 2005, l’erogazione di un finanziamento di 934.704 euro (a carico del bilancio nazionale) e 400.586 euro (bilancio regionale) e poi, nel novembre 2006, di 1.335.292 euro.