Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
19/11/2015 06:10:00

"Truffa ai Comuni con i rifiuti". Processo contro Sicilfert. Il Comune parte civile

Il giudice monocratico Matteo Giacalone ha accolto la richiesta dell’avvocato Luigi Cassata, legale di parte civile per il Comune di Marsala, di citare la Sicilfert come “responsabile civile” nel processo che vede alla sbarra Pietro Foderà, 33 anni, amministratore dell’azienda di contrada Maimone, accusato di truffa e falso. Il Comune di Marsala è stato l’unico tra quelli si sono costituiti parte civile (oltre a quello lilibetano, Erice, Valderice, Paceco, Alcamo, Custonaci, Calatafimi, Castellammare del Golfo), è stato l’unico ad avanzare tale richiesta. Il processo è stato, poi, rinviato al 12 febbraio, quando si inizierà ad ascoltare i testi del pm. Il primo dovrebbe essere il commissario capo dei vigili urbani di Marsala Vincenzo Menfi. E’ stata, infatti, la polizia municipale a condurre l’indagine. Secondo l’accusa, l’amministratore della Sicilfert avrebbe “barato” sul peso dei rifiuti (organico) conferiti dai mezzi dell’Aimeri per conto di diversi Comuni dell’Ato Tp1. A far scattare l’inchiesta, nel febbraio 2014, fu un esposto anonimo arrivato a Vincenzo Menfi. Una lettera in cui si denunciavano scorrettezze nella pesatura dei rifiuti da trasformare in fertilizzanti per l’agricoltura. Seguirono, perciò, una perquisizione dell’impianto di compostaggio (a fine aprile 2014) e il sequestro delle carte relative alla pesatura dei rifiuti e delle attrezzature utilizzate per pesare i rifiuti arrivati con gli autocompattatori. Le bilance non erano truccate, ma è emerso che il peso lordo dei mezzi che trasportavano i rifiuti veniva memorizzato nel sistema e poi richiamato utilizzando il relativo numero identificativo, sostituendo, però, in diversi casi, il peso del mezzo in uscita con quello di un altro mezzo meno pesante. Con una “tara” minore, quindi, secondo l’accusa, il peso netto dei rifiuti in entrata risultava maggiore di quello reale. Sarebbe stato così alterato lo scontrino rilasciato agli autisti, sul quale era indicato un peso netto maggiore rispetto a quello effettivamente trasportato. E siccome la Sicilfert viene pagata a peso, gli incassi dell’azienda sarebbero stati superiori a quelli dovuti. I Comuni, e di conseguenza i cittadini, avrebbero pagato per una quantità superiore di rifiuti organici rispetto a quelli realmente conferiti. Nel corso dell’indagine, sono stati, inoltre, ascoltati autisti ed effettuati controlli a campione sulle pesature. A difendere Pietro Foderà, figlio di Michele Foderà, il fondatore della Sicilfert, è l’avvocato Diego Tranchida. 

FALSA CIECA. Nuova udienza del processo che, in Tribunale, vede imputati cinque medici accusati di avere contribuito a far percepire “indebitamente” la pensione d’invalidità per cecità. Il pm ha  chiesto l’assoluzione sia dei medici che della presunta “falsa cieca”, la 76enne marsalese Giuseppa Amato. I medici sono i quattro componenti della commissione dell’Asp che nel 2004 riconobbe la cecità (Saverio Urso, Gaspare Lucio Casano, Andrea Farina e Francesco Salvatore Pellegrino), nonché l’oculista Salvatore La Valle, la cui consulenza, secondo gli inquirenti (Compagnia della Guardia di finanza), avrebbe contribuito al riconoscimento della “falsa invalidità”. Le accuse a vario titolo contestate: falso, truffa aggravata e induzione in errore per il reato di falso. Adesso, la richiesta di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Qualche anno fa, a insospettire la Guardia di finanza fu il fatto che nel 2008, quattro anni dopo il riconoscimento della cecità, la commissione medica dell’Asp definì l’anziana “cieca parziale”. Ciò perché la donna riusciva a orientarsi nella stanza. Oggi interverranno i difensori. Nei confronti dei quattro medici della commissione, il gip Vito Marcello Saladino, su richiesta della Procura, nel 2013 dispose il sequestro “per equivalente” delle somme percepite dalla ‘’falsa cieca’’: 78 mila euro. Contro questa decisione l’avvocato difensore Stefano Pellegrino presentò ricorso in Cassazione.  La Cassazione, però, rigettò il ricorso della difesa.