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20/11/2015 00:04:00

Con Mario Cervi se ne va un altro pezzo di grande giornalismo

di Dino Agate - Con Mario Cervi se ne va un altro pezzo di grande giornalismo. Aveva 94 anni, e fino a pochi mesi addietro si recava giornalmente al Il Giornale, ogni pomeriggio dalle 15 alle 18, per scrivere la sua corrispondenza con i lettori, e pure qualche pezzo. Ancora lucidissimo nei sui ultimi scritti, com'era sempre stato. Dopo il problema all'anca, capitatogli quest'estate, é rimasto a casa, continuando a dialogare per telefono con i suoi collaboratori. A qualcuno suggeriva di preparare il "coccodrillo". Cinque anni fa aveva perso la moglie, e ne era stato segnato. L'aveva conosciuta nelle vicende della guerra italiana alla Grecia, dalle quali era uscito vivo dalle grinfie tedesche per fortunose vicende che lo avevano condotto ospite nascosto in una famiglia coraggiosa. In quella casualità conobbe la donna che diventò sua moglie.

Sulla guerra di Grecia scrisse un libro che è considerato esempio di storiografia moderna.

Con Cervi se ne va anche l'ultimo pezzo della vicenda umana e giornalistica di Indro Montanelli, di cui fu amico e collaboratore tra i più vicini. Quando il grande Indro andò via dal Corriere, per fondare il Giornale Nuovo, Cervi lo seguì, assieme ad altre grandi firme. In seguito al disaccordo con la proprietà del giornale, Montanelli sbatté la porta in faccia all'editore e si avventurò nella nuova impresa di fondare La Voce. Anche stavolta Cervi, con pochi altri, lo seguì. Ma il nuovo quotidiano ebbe vita grama, e non piaceva nemmeno al suo fondatore. Durò un anno, dopo chiuse i battenti. Il direttore divenne per qualche tempo penna libera, prima di tornare al Corriere. Cervi tornò a Il Giornale, e ne divenne direttore dopo Vittorio Feltri, fino all'età di ottant'anni.

I suoi pezzi furono cronache, reportage, commenti ed editoriali. Entrato al Corriere nel 1945, fece la gavetta in redazione, per passare poi alla cronaca nera, dove brillava l'astro di Dino Buzzati. L'allievo era di pasta buona, e si avvicinò progressivamente all'arte sopraffina del maestro. Più spirituale ed a volte surreale Buzzati, più realistico Cervi. Grazie anche alla sua conoscenza delle lingue, fu inviato speciale nei posti caldi del mondo. Era uno dei pochi giornalisti europei presenti in Cile nel passaggio drammatico da Allende a Pinochet. Fu anche inviato speciale in Egitto ed Israele nella guerra del Golfo, in Libano ed in Cina. Da dov'era mandava pezzi che si distinguevano da quelli degli altri inviati, per la conoscenza degli avvenimenti, per la scorrevolezza del linguaggio, per l'obbiettività della rappresentazione.

Nel commento giudiziario e sui problemi della giustizia, Montanelli diceva di lui che era il massimo. Firmò con Montanelli gli ultimi dodici volumi della Storia D'Italia. Tracciavano insieme in linea di massima il contenuto di ogni volume; la bozza dei capitoli la stendeva di solito Cervi. Montanelli aggiungeva medaglioni di personaggi e ritocchi nel suo stile unico. L'approntamento della documentazione era per lo più di Cervi. Tuttora quei libri restano la più piacevole ed obbiettiva lettura di quello che é avvenuto in Italia negli ultimi ottant'anni.