“Il fatto non sussiste”. E’ stata questa la motivazione con cui il Tribunale di Marsala ha assolto dall’accusa di corruzione, con l’aggravante di aver favorito la mafia, il 66enne imprenditore salemitano Melchiorre Saladino. Anche il pm della Dda Pierangelo Padova aveva chiesto l’assoluzione, ma con altra motivazione. E cioè per un ritardo nell’autorizzazione di proroga del decreto autorizzativo delle intercettazioni ha reso queste ultime “inutilizzabili” nel processo. Dunque, per un problema formale. La dichiarazione di penale responsabilità dell’imputato era stata, però, invocata dal legale di parte civile, l’avvocato Peppe Gandolfo, che rappresenta l’associazione antimafie e antiracket “Paolo Borsellino”. Dopo la requisitoria del pm, aveva tenuto la sua arringa l’avvocato Vito Galluffo, per il quale Saladino doveva essere assolto anche nel merito. L’imprenditore salemitano era accusato di aver versato 100 mila euro all’ex consigliere comunale di Castelvetrano Santo Sacco (Forza Italia-Pdl) affinché questi convincesse i suoi colleghi ad approvare il progetto per la realizzazione di un parco eolico. Il processo a Saladino è scaturito dall’operazione della Dda di Palermo “Mandamento” (7 dicembre 2012), quando furono arrestate sei persone, tra le quali Sacco (condannato, in primo grado, dal gup di Palermo Guglielmo Nicastro a 12 anni di carcere per associazione mafiosa ed estorsione, condanna poi ridotta in appello a 8 anni e 7 mesi, con assoluzione da corruzione), accusate di avere favorito l’infiltrazione delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Salemi nel settore delle energie rinnovabili. Ciò attraverso la sistematica acquisizione dei lavori per la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici nelle province di Agrigento, Palermo e Trapani. I proventi illeciti sarebbero stati in parte utilizzati per sostenere la latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Tra gli arrestati dell’operazione “Mandamento” non figura Melchiorre Saladino, che però era finito in manette nel febbraio 2009 (operazione “Eolo”) in quanto considerato dagli inquirenti il trait d’union tra imprese, politica e mafia per la realizzazione di un parco eolico. Davanti al gup di Palermo, poi, Saladino patteggiò una condanna per corruzione con l'aggravante di avere favorito Cosa Nostra. I fatti per i quali Saladino è finito sotto processo davanti il Tribunale di Marsala erano venuti alla luce proprio grazie a quelle intercettazioni, telefoniche e ambientali, che poi si è scoperto essere “inutilizzabili” per un problema squisitamente formale.