Deve esserci stato dell’altro oltre ai conti non pagati e alle continue richieste di denaro, nel gravissimo episodio del recente omicidio a Castelvetrano.
Domenica scorsa Salvatore Accardi, titolare di una panineria ambulante, ha ucciso con una fucilata il quarantenne pregiudicato Giovanni Pellicane. Al momento è difficile dire se l’arma venisse tenuta sempre nel furgone o se fosse stata portata lì quella giornata.
Ma é probabile che ci sia stato dell’altro in termini di innesco emotivo. Qualcosa di diverso che abbia colmato la misura e che quella sera magari possa aver fatto la differenza. Una cosa è certa: la vicenda non si inscrive affatto nel contesto del racket del pizzo ai commercianti. A Castelvetrano, patria di Matteo Messina Denaro, paradossalmente non esistono le estorsioni organizzate. La famiglia mafiosa non è mai stata interessata alla cosa, rivolgendo la propria attenzione ad altri ambiti più redditizi e contemporaneamente accrescendo il proprio consenso con questa specie di esenzione.
Intanto, la città sembra approvare il gesto di disperazione del signor Accardi, meglio conosciuto come “Zu Turiddu”. La gente percepisce l’assenza della giustizia e delle forze dell’ordine nella tutela dei commercianti che, in base agli orari e alla tipologia della loro attività, si trovano più esposti alle vessazioni di alcuni gruppi di pregiudicati che, anche se arrestati, tornano spesso in libertà frequentando esattamente gli stessi posti.
Un epilogo così grave però, mette in discussione anche un altro aspetto un po’ più sotterraneo: il controllo del territorio da parte della mafia.
Illuminanti e grottesche appaiono al riguardo le parole emerse dalle intercettazioni relative all’operazione antimafia Eden 2, dove a lagnarsi del comportamento spregiudicato della microcriminalità castelvetranese è addirittura Rosario Cacioppo, poi arrestato nel novembre scorso e condannato recentemente a 10 anni e 10 mesi
Nella sua BMW, oltre a Vito Tummarello (anche lui arrestato nella stessa operazione) c’è un tizio di nome Piero, a cui danno un passaggio.
Piero aveva riferito di essere stato arrestato in flagranza per furto.
Il Cacioppo, col chiaro intento di redarguirlo, gli diceva che anche il cognato di Matteo Messina Denaro (che gli inquirenti identificano in Gaspare Como) non era molto contento delle attività delinquenziali dei piccoli pregiudicati di Castelvetrano, riportando le sue parole:
CACIOPPO Rosario: Castelvetrano è diventato un paese che sono tutti “alla rotta” (allo sbando n.d.r.), sparano pure ai cartelli… vanno facendo un mare di danno, quando è successo, gli abbiamo detto: “Picciotti… datevi una regolata, perché vedi che qua succedono cose brutte! Picciotti, finitela di fare danni!” e uno mi risponde dice: “Io sono ladro di trattori…”, quello mi fa: “Io mi faccio le persiane alla Triscina!”, Nicola dice: “Io sono ladro di appartamento!”… Si gira il cognato di Mattè (Matteo Messina Denaro n.d.r.) dice: Ma tu lo hai come mestiere allora!” […] “Allora picciotti, vi dico una cosa: uomo avvisato, mezzo salvato… Vedi che piange il peccato per il peccatore! Finitela perché praticamente succede una guerra! Perché ci sono lamentele… per dire picciotti, date una sistemata a questi… oh…”
Stando alle intercettazioni quindi, già da qualche anno più persone avrebbero chiesto aiuto alla famiglia mafiosa (“date una sistemata a questi”), anche se “le cose brutte” promesse dal cognato di Matteo Messina Denaro non sarebbero poi arrivate.
Fino a domenica scorsa, quando un venditore di panini spara. Non è un omicidio di mafia. Non è un mafioso Salvatore Accardi. E non è un mafioso nemmeno Giovanni Pellicane. Probabilmente sono entrambi delle vittime: l’una dell’esasperazione, l’altra del degrado.
Si spera invece che la preoccupante e diffusa convinzione che “Zu Turiddu abbia fatto bene”, possa estinguersi nei tempi fisiologici di un’emotività di corto respiro. L’orrore non può ricevere legittimazione, né diventare la soluzione alle carenze dello Stato.
Egidio Morici