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06/03/2016 21:49:00

La Stampa entra nel gruppo L'Espresso

Adesso é ufficiale: con un'operazione finanziaria La Stampa é stata acquisita dal gruppo L'Espresso, che cosi detiene quasi il 30 per cento dell'editoria giornalistica italiana. D'altra parte la Fca, ex Fiat, ha intenzione di sganciarsi dalla proprietà del Corriere della Sera, che é scalabile da altri, e potrebbe essere pure lo stesso gruppo L'Espresso a farlo.
Per l'acquisizione della Rizzoli, in passivo, da parte di Mondadori di Berlusconi, qualche mese fa successe il finimondo di proteste . La solita intelligenza italiana protestò fortemente. Umberto Eco si fece paladino della protesta. Sosteneva con i suoi amici che era a rischio la libertà dell'editoria libraria, che si sarebbe concentrata nelle mani della famiglia Berlusconi. Ora che é successo che l'editoria giornalistica sì é concentrata nelle mani del gruppo di De Benedetti, non é sorta alcuna cordata di intellettuali a difendere l'indipendenza dei giornali. Due pesi e due misure, nel classico stile del doppiopesismo italiano.
Quanto poi alla indipendenza dei giornali, c'é molto da dire. Quando mai i giornali sono stati indipendenti dalla proprietà? I direttori dei giornali, che fanno la loro linea editoriale, sono sempre stati scelti dai proprietari, e da essi sono stati licenziati e sostituiti. Ci sono sì, e ci sono state, testate che non si sono schierate pregiudizialmente con un partito, che di solito é stato quello governativo o quello che ha avuto in parlamento un certo potere, anche di opposizione, ma nessuno può negare che ogni giornale é stato ed é o di destra o di sinistra o di centro.
Quando Montanelli non sopportò più il padrone Berlusconi che gli chiedeva di sostenerlo maggiormente nella lotta politica, lasciò Il Giornale e ne fondò uno suo, la Voce. Ma non riuscì a tenerlo aperto che per un anno. Il deficit finanziario lo costrinse a chiudere i battenti. La carta stampata non riesce a pareggiare le spese, se non viene periodicamente rinsanguata dei proprietari, che hanno un interesse a sostenere nell'opinione pubblica le loro imprese e le loro scelte politiche.
Un giornale assolutamente indipendente dai desiderata del suo editore non é mai esistito, e non esiste. C'é n'é qualcuno che non riceve contributi pubblici, e vive di pubblicità. Ma anche le commesse pubblicitarie condizionano la linea editoriale. Come farebbe quel giornale a sostenere tesi in contrasto con gli interessi delle aziende che gli affidano la pubblicità?
Si tratta, quindi, di rendersi conto della realtà, senza inutili illusioni. Ogni mossa umana, specie ogni investimento di spesa, é causata da interessi più o meno nobili. Sarebbe buona cosa che gli interessi degli editori fossero soltanto diretti al bene pubblico, ma non così, perché le imprese, anche se eque e solidali, mirano costantemente al loro bene finanziario. Ed allora lasciamo stare che le testate e gli editori comprino e vendano i loro giornali e le loro case editrici, perché in nessun caso si realizzerà l'indipendenza dalla proprietà. Si può solo augurarsi che i lettori di libri e di giornali sappiano distinguere tra una pubblicistica ancorata alla realtà ed al buon senso, rispetto ad un'altra che persegue tesi infondate od anacronistiche.

Dino Agate