Con un'affluenza del 31 per cento di elettori, il referendum é stato inefficace. Ha votato "sì" l'85 per cento dei 13 milioni di votanti, ma non sono bastati. Resta l'indicazione che circa 10 milioni di italiani non vorrebbe la continuazione dell'utilizzazione dei pozzi petroliferi, alla scadenza, entro le acque territoriali. Il parlamento ne dovrebbe tener conto, e potrebbe legiferare in tal senso, se non fosse ingabbiato nelle lobby petrolifere.
Il risultato referendario dovrebbe insegnare qualcosa. L'insegnamento più evidente é che il popolo é stanco di essere chiamato continuamente alle urne, sapendo che alla fine tutto resterà come prima. Infatti, anche se il referendum avesse dato il risultato sperato dai promotori, non é detto che poi il governo e il parlamento non avrebbero trovato l'escamotage per aggirarlo. E' avvenuto altre volte in occasioni di altri referendum effettuati.
Certo, sarebbe ideale se si fermassero le trivelle almeno entro le dodici miglia dalla costa. Diminuirebbero i rischi e i danni all'ambiente, anche se altri rischi e altri danni continuerebbero ad esserci per le piattaforme petrolifere oltre le acque territoriali.
Solo il parlamento potrebbe e dovrebbe approvare le giuste leggi, tenendo conto dell'ambiente e delle necessità di non arretrare sulla via dello sviluppo economico. Salvando capre e cavoli. E' solo il parlamento la sede idonea a regolare la vita del paese. Il ricorso ai referendum non é altro che il sintomo della sua incapacità di perseguire il bene pubblico. Se la nostra democrazia funzionasse bene non si dovrebbe ricorre al referendum. Il popolo ha votato per l'elezione dei parlamentari. Ha delegato loro la funzione legislativa per cinque anni. Sono loro quelli che devono affrontare i problemi per risolverli. Rivolgersi saltuariamente al popolo in elezioni referendarie é la dimostrazione che i parlamentari non sanno svolgere i loro compiti.
Purtroppo in questo nostro paese la confusione istituzionale é al culmine. Non bastano gli effetti distorti, prodotti da centri di potere molteplici e contrastanti - stato, regioni, province moribonde, comuni, comunità intercomunali - ci aggiungiamo il di più del ricorso a decisioni richieste direttamente agli elettori come nel caso dei referendum. Ne risulta un procedimento decisionale fatto di impulsi diversi e contrastanti, in cui si perde di vista il bene pubblico e tutto si tramuta in una chiacchiericcio snervante, con esiti incerti. Nonostante ciò appaia evidente, si fa poco per porvi rimedio.
Le province, che avrebbero dovuto essere abolite, continuano a vivere di vita asfittica, apportando confusione. La riforma del senato, che pure avrebbe dovuto essere eliminato, procede con prospettive a zig zag, e é probabile che finirà in un'altra consultazione referendaria.
Dino Agate