di Leonardo Agate - Il lungo treno delle speranze del Sud si é scontrato simbolicamente e crudelmente con l'altro simile che proveniva sulla stessa tratta ferroviaria, vicino ad Andria. Il fatto é avvenuto senza che nemmeno gli occhi dei ferrovieri, in piena e luminosa mattinata, hanno potuto evitare la tragedia, causata da precedenti comunicazioni errate, fatte col telefono e la paletta, come si faceva cent'anni fa.
Le linee ferroviarie italiane hanno l'eccellenza dell'alta velocità, con elettrificazione e doppi binari, e la miseria di treni malandati che sopravvivono alla modernità, con binari unici non elettrificati. Coesistono, le due reti, un po' dappertutto in Italia, tranne che nel Meridione e in Sicilia dove manca l'alta velocità e resistono, fuori dal tempo, le vecchie strutture e i vecchi treni.
E bene chiedersi il perché di questa, fra le altre, arretratezza delle nostre terre. Fatta l'Unità d'Italia, si sognò dalle nostre parti un futuro diverso e migliore, ma non venne subito e nemmeno col passare dei decenni, e siamo arrivati, senza aver fatto grandi passi avanti, a oltre un secolo e mezzo da allora.
Uno degli artefici dell'Unità d'Italia, Camillo Benso conte di Cavour, non era stato mai nell'Italia meridionale oltre per una capatina di pochi giorni a Napoli. Ne conosceva qualcosa per sentito dire. Non era nemmeno entusiasta dell'impresa dei Mille, che fecero annettere il Meridione al regno sabaudo. Quasi preso dagli aventi, accettò alla fine il regalo di Garibaldi.
Nell'Italia fatta, si cominciò a programmare e a legiferare, prima a Torino, poi a Firenze ed infine definitivamente a Roma. Le speranze dei liberali furono presto annacquate dal centralismo che sottraeva risorse al Sud per trasferirle al Nord, tanto che gli ambienti intellettuali e più sensibili cominciarono a mugugnare, e già tra fine Ottocento e inizio Novecento la rappresentazione delle speranze risorgimentali tradite fu ben evidenziata nelle opere di Luigi Pirandello, nei Viceré di Federico De Roberto, e nei saggi di Giustino Fortunato.
Benché il Sud abbia avuto, in base alla sua popolazione numerosa, numerosi rappresentanti del popolo al parlamento, e numerosi presidenti del Consiglio e ministri, prima del Regno, poi della Repubblica, le leggi emanate continuarono a investire risorse pubbliche adeguate al Nord e insufficienti al Sud.
Nella Campania borbonica era sorto il primo tratto di ferrovia italiano, la Napoli - Portici. Era programmato che proseguisse per la sponda adriatica, ma l'avvenuta Unità d'Italia causò ritardi.
Coloro che ancora prendono il treno per andare da Marsala a Palermo impiegano oltre tre ore in carrozze antidiluviane. Con frequenza annuale capita che le barre dei passaggi a livello locali, a Sappusi per esempio, non si abbassano al passare dei treni, e sono avvenuti pure incidenti mortali.
Si é discusso, intanto, e si é programmato il ponte sullo stretto di Messina, opera faraonica di difficile realizzazione, e difatti ancora non realizzata, ma si discute poco e non si é fatto nulla per ammodernare la rete ferroviaria siciliana e del Mezzogiorno in genere. Cosicché in Sicilia, per muoversi nell'Isola o per andare altrove, si devono preferire le reti autostradali, stradali e aeree, non potendosi permettere, da parte di viaggiatori per svago o per lavoro, di usare la ferrovia.
L'alta velocità arriva a Napoli, ma per un bel pezzo di tempo si limitava a Roma. Da Roma o da Napoli si possono raggiungere in treni veloci e confortevoli, di livello europeo, le altre città importanti, ma solo quelle collocate nel centro - Nord. Che sia davvero irredimibile, per un destino insondabile, questa nostra parte di Paese?