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12/11/2016 06:50:00

Il mio No alla riforma/1: prima di entrare nel merito, concentriamoci sul metodo...

 Avendo preso, fin dall’inizio, pubblica posizione per il “NO” – pur rifiutando di indossare la casacca degli ultras – ho avuto innumerevoli occasioni di confronto sull’ormai imminente referendum. Francamente:la mia impressione è che ad almeno il 70% degli elettori, della riforma costituzionale, “non gliene pò fregà de meno”:per la stragande maggioranza della gente, ben altre sono le priorità (salute, sicurezza, lavoro, disoccupazione giovanile, tasse, evasione fiscale, pensioni, etc). Dello restante 30%, il 20% si schiera non pro o contro la ‘Riforma’, ma pro o contro Matteo Renzi. Tra i primi (tranne quelli che ‘tengono famiglia’ o sono ‘in carriera’ e, quindi, ’devono’ votare “SI”) non pochi sono i soggetti ‘mediamente’ informati che, pur facendo professione di realismo (“Se cade Renzi, dobbiamo metterci nelle mani di quei pasticcioni del M5S?”) e votando con qualche cognizione di causa, continuano ad accusare i sostenitori del “NO” di essere motivati soltanto da “cronica idiosincrasia” per l’attuale Capo del Governo. Ora, se è vero che, per molti, il “Cigno di Rignano”, non è al vertice del gradimento, è soprattutto per il merito e per l’iter d’approvazione della “Riforma”che, i fautori del “NO”, hanno preso posizione “ostinata e contraria”. Da qui, la decisione dello scrivente di proporre all’esiguo numero dei suoi lettori, diluendole in tre brevi interventi – il primo è quello che state leggendo – alcune riflessioni, sulla “Riforma” Napolitano – Renzi – Boschi. Che ha per oggetto, com’è noto, un’ampia revisione della Parte II della Costituzione. Ma, forse per deformazione professionale – nella scuola, quella di “valutare il processo oltre che il risultato” è prassi consolidata – prima di entrare nel merito della “Riforma”, mi preme stabilire se è valido il procedimento adottato per approvarla. Come? Attraverso una puntuale verifica: 1) Della legittimità di chi l’ha prodotta 2) Delle procedure adoperate per approvarla 3) Della coerenza con i principi costituzionali. In ordine alla prima: può un Parlamento eletto con una legge – il famigerato ‘Porcellum’ – bocciata dalla Corte Costituzionale – Sentenza n. 1/2014 – ritenersi legittimato a deliberare la modifica di ben 47 articoli della Carta?Non dotte disquisizioni giuridiche, ma il semplice buon senso dice di no. Per ciò che attiene alla seconda: appare anomalo l’iter seguito da cotanto Parlamento, per procedere ad una così ampia revisione costituzionale: imposta dal Governo, votata solo dalla sua maggioranza, sostenuta dall’ex- Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tant’è che, non certo chi scrive, ma un “Padre Costituente”– Calamandrei – già nel ‘47 ammoniva: “Quando si discuterà della nuova Costituzione, i banchi del Governo dovranno essere vuoti”. Per quanto riguarda, infine, la terza: si sa che, a fronte degli innumerevoli emendamenti presentati dalle opposizioni alla proposta di ‘Riforma’, la maggioranza ha scelto di procedere con il metodo del “Supercanguro”. In che cosa consiste tale mirabile ‘soluzione tecnica’ ai problemi relativi alla formazione delle leggi? E’ presto detto: si accorpano tutti gli emendamenti e se ne vota uno solo, facendo cadere tutti gli altri…Ma, se è vero che l’articolo 72 della Carta sancisce che i regolamenti parlamentari possano prevedere “procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza”, lo stesso articolo, nel suo ultimo comma, categoricamente le esclude “…quando le votazioni riguardino disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale…”. Le suddette considerazioni, portano ad una logica conclusione: l’attuale Parlamento, dopo la citata sentenza della Corte, doveva soltanto approvare una nuova legge elettorale (il più possibile condivisa) e, subito dopo, dare al popolo italiano la possibilità di recarsi alle urne per indicare una nuova maggioranza parlamentare e un nuovo Governo. Si sarebbero evitate,così, forzature plateali e indebite ingerenze del Premier, dell’ “Emerito” e, ancor più gravi, della finanza internazionale (vedi documento – 2013 – della J. P. Morgan che, ai Governi Europei, consiglia di “porre un argine alle tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori e alla loro licenza di protestare per eventuali misure non gradite”) sulle modifiche alla Carta. Ex- articolo 138 Cost., sempre possibili. Ma, di certo, non alle condizioni e con le modalità più sopra descritte.

G. Nino Rosolia