di Leonardo Agate Si é svolto ieri pomeriggio il 19 novembre, a Marsala al Complesso San Pietro un dibattito sulle ragioni del sì e su quelle del no, a proposito del referendum del 4 dicembre prossimo. Da una parte stavano due rappresentanti del sì, dall'altra parte due rappresentanti del no, tutti qualificati per l'appartenenza politica e la cultura specifica. Al centro dei contendenti, il presidente avv. Raccagna.
Il convegno é iniziato bene. Il presidente ha assegnato a ognuno dei contendenti cinque minuti per esporre le loro ragioni. Dopo sarebbero seguite le repliche. La presentazione del dibattito é stata breve da parte degli organizzatori e da parte del vice sindaco, che ha porto il suo saluto anche a nome dell'amministrazione comunale, che ha concesso la sala.
Sennoché, dopo il primo giro di interventi si é scivolati su discorsi che si sono sempre più allontanati dal merito della riforma, e si sono sempre più addentrati in accenni e ripicche personali e di politica generale e governativa. Ma poiché il 4 dicembre andremo a votare il testo della riforma, non é male valutarne il contenuto e le possibili conseguenze, sia che vinca il sì sia che vinca il no.
Questa riforma, secondo i promotori, eliminerebbe il bicameralismo perfetto, riducendo i costi della politica, salvaguardando le autonomie regionali. Ma dal titolo lapidario del testo referendario al contenuto della proposta il passo non é né breve né agevole.
E' vero che parte del bicameralismo paritario viene eliminato, come per esempio nel caso della fiducia da dare al governo, ma il Senato resta con le sue decisive deliberazioni in tanti settori. La divisione dei compiti, tra Camera dei deputati e Senato, é dettagliata in modo abnorme. Ma tanto più si segmentano gli argomenti, tanto più ci si accorge che resta sempre qualcosa fuori. Allora i redattori della riforma si sono inventati la valvola di chiusura che, nel caso di prevalente interesse nazionale, lo Stato può avocare a sé le decisioni che altrimenti spetterebbero alle Regioni. Detta così sembra che il cerchio si chiuda , e che tutto possa funzionare liscio. Ma ve l'immaginate voi a quale mole di conflitti di competenze si andrà incontro quando lo Stato deciderà, riguardo a una o più Regioni, che la materia gli verrà sottratta perché a Roma hanno deciso che é prevalente l'interesse nazionale? La maggior parte dei costituzionalisti ha previsto che il contenzioso Stato - Regioni triplicherà, e che se adesso incide per il 20 - 30 % sui procedimenti della Corte Costituzionale, in seguito all'approvazione della riforma inciderà per il 70 - 80% , con ricadute sulla lentezza delle procedure costituzionali.
La riforma prevede che il numero dei senatori scenderà da 315 a 100, e ciò costituirebbe un notevole risparmio nei costi della politica, che i promotori del sì stimavano in 500 milioni di euro l'anno, salvo poi che questa cifra é stata ridimensionata dalla Ragioneria Generale dello Stato in 50 milioni.
Quanto alla maggiore rappresentanza che verrebbe data, dalla proposta referendaria, alle autonomie locali nel nuovo senato, é una falsa affermazione per tenerlo in vita. Infatti, gli eletti alla Camera dei deputati vengono votati in circoscrizioni ristrette, che costituiscono ognuna una parte del territorio delle varie Regioni. Quindi, una volta eletti rappresentano la nazione nella sua unità ma anche le esigenze della popolazione dei territori dove sono stati eletti.
I promotori della riforma, mettono l'accento sulla necessità di eliminare le perdite di tempo nell'approvazione delle leggi nel sistema ora vigente della doppia lettura dei testi legislativi alla Camera e al Senato. Ma il problema della legislazione italiana non é la carenza di leggi, bensì la molteplicità e la farraginosità delle stesse. Il groviglio legislativo é tale per cui nemmeno gli operatori del diritto ci si raccapezzano più. Allora, lo scopo non dovrebbe essere quello di accelerare la produzione legislativa, ma quello di far produrre al Parlamento leggi migliori e più ponderate. Per questo ci vorrebbe una diversa classe politica, ma qua entriamo nel campo dell'utopia.