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26/11/2016 06:20:00

Lidia Tilotta: "In Lacrime di Sale non raccontiamo numeri, ma vite che hanno perso tutto"

Lidia Tilotta, giornalista del TGR, testata regionale della Rai, raccontiamo il suo libro "Lacrime di Sale", scritto con Pietro Bartolo. Un libro che racconta le storie drammatiche di chi approda a Lampedusa, di chi ha perso la vita in mare. Raccona la storia di Bartolo che è il medico che da oltre venticinque anni accoglie, donne, uomini e bambini, li cura, li ascolta e si fa carico delle tante loro storie di dolore e di orrore. "Lacrime di Sale" è un libro di grande coraggio e impegno civile. Un libro straordinario perché ci fa mettere non solo il cuore, ma anche la testa nell’orrore. Qui non ci sono numeri, ci sono storie, come avete fatto a raccontare, a sopportare e a gestire questo carico umano?


E’ stato difficilissimo per Pietro raccontare queste storie perché per lui è stato come riviverle una seconda volta. E stato difficilissimo per me riuscire a mettere su carta e a raccontarle nel libro. Perché sono storie più che drammatiche, che io avevo vissuto in maniera diversa in tanti anni in cui ho raccontato da Lampedusa gli sbarchi. Ogni volta ho provato ad andare oltre ai numeri di una tragedia immane, ma è chiaro, seppure con l’aiuto dei mezzi televisivi, dei reportage, con i servizi lunghi e non quelli da telegiornale, non si riesce fino in fondo a farti dare il senso delle cose. Allora l’idea era proprio quella di avere uno strumento che ci consentisse di raccontare le storie per raccontare la storia di uomini, donne e bambini troppo spesso vittime degli sbarchi, che muoiono in mare, che non riescono a completare la traversata, spesso dopo aver affrontato la prigionia in Libia, un lungo viaggio nel deserto. E’ stato sì difficilissimo, ma è stato un lavoro che sia io che Pietro abbiamo ritenuto fondamentale e necessario per evitare che la gente continuasse ad avere la percezione di soli numeri. Qua stiamo parlando di una cosa che è davvero drammatica, di persone che hanno perso tutto e che qua cercano soltanto di poter vivere, sopravvivere, nient’altro.


E noi che non diamo peso alle parole purtroppo non riusciamo a capire cosa è l’inferno dal quale scappano. Non si riesce a capire che queste persone lasciano la propria casa pensando che il mare possa essere più sicuro. Forse bisognerebbe partire da questo concetto per meglio comprendere questo dramma. Lacrime di Sale è importante perché ci fa mettere mani, piedi e corpo dentro queste vite con storie strazianti, delle quali è difficile parlarne. Una è la storia delle tante donne che arrivano ustionate, ci spiega perché?


Sì, da quando c’è l’operazione Mare Nostrum si utilizzano per lo più gommoni alimentati a benzina, gli scafisti rabboccano le taniche, la benzina cade e si mischia con l’acqua salata e diventa una miscela devastante che corrode la pelle. Gli uomini stanno sui tubolari mentre le donne che stanno giù sono quelle più esposte e hanno la pelle lacerata e spesso muoiono per queste ustioni. Noi nel libro abbiamo voluto parlare di questa cosa che Pietro ormai definisce la malattia dei gommoni. L’abbiamo ricordata anche per la storia della piccola Favour, la cui foto ha fatto il giro del mondo in braccio a Pietro Bartolo, arrivata dopo aver perso la mamma nella traversata che è morta proprio per quelle ustioni prima di arrivare a terra. E dovete pensare che quella mamma prima di morire ha affidato sua figlia ad una compagna di viaggio conosciuta solo in quel tragitto, dicendo prova a salvare almeno lei, e anche quella ragazza è finita al reparto ustionati di Palermo. Favour è stata accolta e presa in affido da una famiglia a Palermo e la ragazza quando era in ospedale chiedeva continuamente se Favour era in buone mani, perché sentiva tutto il peso della responsabilità che le era stata affidata da quella donna. Immaginatevi che cosa deve provare una madre che sta morendo nel sapere di dover affidare la propria figlia, immaginatevi quanto dolore ci sia dietro tutto questo.


Lidia Tilotta, questo libro è la storia di tante donne e uomini che arrivano a Lampedusa in cerca di salvezza, ma è anche la storia di una comunità, quella di Lampedusa, che con grandissima dignità porta in questi anni la responsabilità di essere, nella più assoluta solitudine, l’avamposto d’Europa nei confronti di questi uomini e donne che arrivano. Ne emerge un ritratto bellissimo della comunità di Lampedusa, soprattutto delle donne lampedusane, grazie alle quali c’è un viavai incredibile di vestitini, pannolini e regalini per i quali davvero Lampedusa meriterebbe 10 Nobel per la pace e la carità.


Lampedusa ha sposato in maniera forte l’idea di solidarietà e dell’accoglienza, nonostante i periodi in cui era rimasta sola, ognuno ha continuato a fare la propria parte. Lampedusa davvero è diventata la terra dell’accoglienza, perchè è terra di pescatori dove non si lascia in mare nessuno. Sarebbe banale dire che Lampedusa non abbia sofferto, in parte di questa situazione, specie in alcuni momenti, ma l’ha affrontata con grande dignità e ha messo al centro l’uomo e rispetto a quello ha portato avanti il suo modo di essere e di fare. E anche quando ci sono state proteste, queste sono state volte a chiedere aiuto e sostegno ma mai a dire non vogliamo profughi, non vogliamo chi arriva dal mare, questo non è stato mai fatto e non è stato mai detto, e lo testimoniano i tanti anni in cui abbiamo raccontato da Lampedusa le storie dei salvataggi e anche dei naufragi, con le famiglie lampedusane hanno accolto i sopravvissuti del grande naufragio del 2013. Oggi in Sicilia ci sono tante città che stanno facendo lo stesso, Palermo, Catania, Trapani, Augusta, Pozzallo, e la Sicilia sta dimostrando di essere una terra di accoglienza, ma da lì è partito tutto, da Lampedusa è partita un’idea molto, molto forte, e questo è importante, ed io spero che noi possiamo riuscire a trasmettere questo messaggio con tutti gli strumenti possibili.