Dopo sei udienze e oltre quaranta ore di requisitoria, il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone ha chiesto la condanna all’ergastolo per i mafiosi Salvo Madonia e Vittorio Tutino, in quanto ritenuti responsabili della strage di via D’Amelio e ha sollecitato 8 anni e 6 mesi per Vincenzo Scarantino e 14 anni ciascuno per Francesco Andriotta e Calogero Pulci, i tre falsi pentiti accusati di calunnia per le false dichiarazioni rese durante le prime indagini sull'attentato del 19 luglio '92 in cui morirono Paolo Borsellino e i cinque poliziotti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Ma a 24 anni dalla strage, però, l’intreccio di depistaggi, misteri e falsi pentiti da un lato impedisce di fissare le responsabilità di chi ha organizzato l’attentato e dall’altro alza veli sul ruolo opaco svolto da vari pezzi dello Stato. Smontato il teorema fondato sul falso pentito Vincenzo Scarantino, gestito dal pool degli investigatori dell’ex questore Arnaldo La Barbera, il nuovo corso giudiziario sulla strage è ora ispirato dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza dalle quali sono scaturite due svolte. Una è quella che ha portato alla revisione del processo a sette personaggi già condannati all’ergastolo (Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe Urso, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Gaetano Scotto, Gaetano Murana). E l’altra è quella che ha innescato questo processo: il 'quater'.
Sono rimaste le ombre sulle strategie e sugli obiettivi di chi ha guidato la macchina investigativa anche con l'archiviazione delle posizioni di tre uomini-chiave del pool come Salvatore La Barbera, Vincenzo Ricciardi e Mario Bo. "Non siamo qui per fare processi ai giudici che si sono occupati dei processi Borsellino uno e Borsellino bis. Sappiamo quanto sia difficile giudicare. Ma c'è una enorme quantità di interrogativi a cui dare risposta e ci saranno nuove indagini per questo», ha detto l’aggiunto Gabriele Paci nel corso della requisitoria. Paci ha ricordato come «Vincenzo Scarantino, da solo, non avrebbe mai potuto imbastire una trama sulla strage di via D’Amelio talmente coerente da resistere a diversi gradi di giudizio. Ma, detto questo, non è possibile ignorare che Scarantino si impegnò nell’accusare persone che sapeva innocenti e lo fece per un tornaconto personale, consistente nell’uscire dal carcere e avere dei benefici».
La Procura ha dato per «acquisito» il depistaggio sulla strage di via D’Amelio. «Le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza - ha spiegato Paci nelle scorse requisitorie - sono state dirompenti, hanno consentito di aprire una nuova stagione giudiziaria e hanno sgretolato le certezze arrivate dai precedenti processi per l’attentato del 19 luglio '92 che avevano resistito a tre gradi di giudizio. A lui si deve la genesi di questo processo». Niente sconti per i falsi pentiti.
«Chi aveva fornito false dichiarazioni - ha aggiunto il pm - ha ammesso la sua colpa, ma a loro nulla si deve perché la loro confessione non è stata spontanea ed è arrivata quando era ormai certa l’esistenza del depistaggio e abbiamo il sospetto che tale depistaggio non sia stato l’unico».