I beni confiscati in Italia valgono diverse finanziarie “ma la politica non sembra rendersene conto: cammina su una miniera a cielo aperto e guarda il cielo”. A dirlo è Franco La Torre, 60 anni, scrittore, storico e figlio di Pio La Torre, sindacalista della CGIL, dirigente politico comunista e parlamentare, autore della legge antimafia che porta il suo nome (la legge Rognoni-La Torre) che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa.
Franco La Torre critica il fatto che da oltre un anno la riforma del Codice Antimafia, che rivede le misure di prevenzione, la confisca, la gestione dei beni confiscati, approvata dalla Camera dei deputati nel novembre 2015 sia ferma in Senato. “Il testo è molto buono – dice – la stessa Corte dei conti, nella relazione specifica che fa annualmente sui beni confiscati, ha chiarito che c’è bisogno di una riforma: l’attuale legislazione è spesso contraddittoria e lacunosa e questa riforma cerca di superare lacune e contraddizioni esistenti”. Ma soprattutto, per La Torre, “serve una maggiore azione sensibilità e iniziativa da parte della politica. La mancata approvazione della riforma viene stigmatizzata da tutti ma poi sembra sempre ci siano priorità e slitta continuamente.
Ho l’impressione che il 13 settembre 1982 – giorno in cui il Parlamento approvò la più importante normativa a livello internazionale di contrasto della mafia, la Rognoni-La Torre – quel giorno il Parlamento tirò un sospiro di sollievo: bene ora ci penserà la magistratura, pensò. Ma i magistrati da anni spiegano che la loro azione è limitata: curano gli effetti, non le cause”.
L’appello di Franco La Torre è perché il Parlamento approvi il testo di riforma del Codice Antimafia e affinchè mafia e antimafia tornino tra le priorità dell’agenda politica del Paese. “La mafia deve tornare un obiettivo da combattere per la nostra classe dirigente”. Al 30 settembre 2015 sono stati definitivamente confiscati alla criminalità organizzata 17.577 tra immobili e aziende. Il valore è di miliardi – si parla di 30 miliardi – ma il 95% delle imprese sequestrate alle mafie fallisce. Di qui la necessità della riforma del Codice Antimafia.