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07/01/2017 21:00:00

Vittime usura, tempi troppo lunghi per avere i fondi. La storia di Giuseppe Schirru

Non basta essere riconosciuti come 'vittime di usura' per uscire dal tunnel dell'illegalità. Servono una serie di adempimenti burocratici per accedere al fondo di solidarietà. E "se i mesi scorrono senza risposte lo spettro del fallimento si avvicina". E' lo sfogo, raccolto dall'Adnkronos, di Giuseppe Schirru, l'imprenditore palermitano costretto a chiudere la sua azienda, la Emyr Sanitaria, dopo aver denunciato la richiesta di tangenti e infiltrazioni mafiose e aver chiamato in causa Mps, 'colpevole' a suo giudizio di aver applicato tassi usurari e di aver compiuto gravi inadempimenti contrattuali.

Ha ottenuto il 7 luglio 2016 dalla Procura di Palermo la 'sospensione dei termini', ovvero i benefici di tutela per le vittime di usura. Ma da allora, e sono passati sei mesi esatti, nessuna risposta concreta sul finanziamento da 500mila euro che l'imprenditore ha chiesto a norma di legge. A decidere deve essere il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, in questo caso su proposta della Prefettura di Palermo. Ma la sede del commissario, ironia della sorte, è stata vacante proprio dal luglio 2016 al 23 dicembre 2016, quando un Cdm natalizio ha deliberato la nomina del prefetto Domenico Cuttaia. Ma è chiaro che le speranze di Schirru e di tutte le vittime di usura nelle sue condizioni devono fare i conti con la mole di arretrato che si è accumulata.

E anche con i tempi della giustizia che, in molti casi, non si conciliano con quelli della burocrazia. All'ennesimo sollecito dell'imprenditore, il 16 novembre 2016, la Prefettura di Palermo ha risposto con una formula di circostanza: "si assicura che sono in corso le attività istruttorie indispensabili per l'acquisizione degli elementi necessari a definire compiutamente il procedimento relativo all'istanza di mutuo in argomento". Il problema, non certo secondario, è che l'imprenditore rischia il fallimento della sua Emyr Sanitaria, a giorni, per la richiesta legittima di un creditore che senza l'accesso ai fondi Schirru non può saldare.

La storia dell'imprenditore, che fino a marzo 2015 fa operava nel settore delle protesi ortopediche, offrendo servizi in convenzione con il sistema sanitario nazionale, passa prima per una controversa esperienza imprenditoriale, fatta anche di tangenti e di contatti pericolosi con ambienti mafiosi, e poi per un calvario che inizia con le denunce e arriva alla chiusura dell'impresa, senza per altro arrivare al fallimento. Sullo sfondo, il silenzio delle istituzioni e le lentezze di una burocrazia che gli hanno di fatto impedito di tenere in vita la Emyr Sanitaria. Schirru ha aperto la sua attività 27 anni fa e, come accertato anche da due sentenze di primo e secondo grado che condannano un funzionario del Distretto Sanitario di Misilmeri addetto all’Ufficio Protesi, ha subito una concussione durata oltre 16 anni. Nonostante la giustizia stia facendo il suo corso, l'imprenditore è stato costretto a chiudere per i troppi debiti accumulati verso l'Erario e le banche. Anche se il dibattimento ha confermato pienamente la tesi accusatoria della parte civile, infatti, nelle more del processo le banche non hanno concesso ulteriori proroghe al credito.

Unico sollievo, in questi lunghi mesi, è arrivato dalla Procura di Palermo, che ha accertato i requisti di Schirru per accedere al fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura. Il 7 luglio 2016 è arrivato il provvedimento che sospende i termini e offre le condizioni per riaprire l'azienda. Ma il finanziamento che spetta all'imprenditore ancora non è stato accordato e le istante dei creditori rischiano di far riavvicinare lo spettro del fallimento.