di Leonardo Agate - Il Novecento che occhieggia dai dorsi dei volumi nella vecchia bacheca dell'Aula magna del Liceo Classico mi riporta a quegli anni in cui frequentavo il Liceo e a quella particolare aula in cui scrissi i compiti della maturità ed in cui poi fui interrogato all'orale. Altri tempi ed altra età.
Le ragazze allora non mostravano l'ombelico e le loro gonne erano rigorosamente al ginocchio. Le coalizione centriste, inaugurate da De Gasperi, conducevano l'Italia a diventare, dopo l'immane disastro della guerra, la quinta fra le potenze industriali del mondo.
Stasera mi trovo qua, un poco emozionato come l'amico mio di allora che con me fece la maturità, per ascoltare la presentazione del libro di Amelia Crisantino, giornalista di Repubblica e divulgatrice di storia.
Ora che anche in città le presentazioni di libri sono diventati roba ordinaria, noto con piacere che si va subito al sodo: al dialogo con l'autore, stavolta condotto dall'esimio prof. Giovanni Alagna, profondo in materia di storia locale e siciliana. Fino a qualche anno addietro, la presentazione di un libro era preceduta dall'introduzione del sindaco o da chi per lui, poi era spiegata da una presunta o presunto competente letterario, che si dilungava più del dovuto, e alla fine, se era rimasto tempo, e non ci si era stancati e si era andati via, si poteva ascoltare la voce dell'autore presentato. I tempi, anche a Marsala, cambiano in meglio, a volte.
Per tornare al libro della Crisantino, che si intitola "Sicilia Fatale", Torre del Vento Edizioni, si tratta di una carrellata di avvenimenti e personaggi siciliani dall'antichità ad oggi. Si fa leggere con piacere, a parte il contenuto interessante, perché l'autrice non é una vera e propria storica, ma una divulgatrice, che pure si documenta in proprio con ricerche di fonti e di archivio. Spesso avviene che ponderosi volumi di storici professionisti non si facciano leggere per l'aulicità e la specializzazione della prosa, che alla fine annoia il lettore medio, cui dovrebbe essere rivolta maggiore attenzione.
Il titolo del libro fa subito chiedere perché la Sicilia é "fatale". Non sono ugualmente fatali, che so, la Puglia o la Lombardia? Cos'é che rende unicamente fatale questa nostra Regione? La risposta potrebbe essere che tutti quei personaggi che hanno tentato di cambiarla non ci sono riusciti, ed il divario economico e culturale che esiste e sempre é esistito, tranne brevi periodi, resta la roccaforte inespugnabile della sua identità.
Platone venne due volte a Siracusa per impiantarvi la sua Repubblica ideale, gli amici siracusani lo invitavano. Ma per due volte fece fallimento e Siracusa continuò sotto la tirannia. In una lettera, rimasta famosa, Platone da Atene spiega perché non vuole più tornare a Siracusa. E', dice, che i siciliani fanno due pranzi al giorno, e come si possono cambiare le istituzioni facendo continui banchetti?
Un cambiamento radicale siciliano fu tentato dai Normanni, e si parla di quel periodo felice, s'é scritto per secoli del tempo della tolleranza multireligiosa, quando nell'isola si parlavano tre lingue: il greco degli ortodossi, il latino dei cattolici l'arabo dei mussulmani. Ma la storiografia più recente sta rivoltando le carte, affermando che con la distribuzione dei latifondi ai baroni cominciò la nuova decadenza e subordinazione economica dell'isola all'Europa dei banchieri e dei manifatturieri. Il cotone partiva dalla Sicilia, incettato dai pisani e dai genovesi, e tornava in forma di manufatti più costosi. Quello che andava via era di minor valore di quello che tornava. I latifondi a grano fornivano ai proprietari lauti proventi a danno dei contadini sfruttati.
Altri tentativi di ammodernamento dell'economia siciliana, e della sua società, ebbero ostacoli insormontabili nel periodo dei primi Borboni, che si arresero e convissero con i privilegi degli antichi baroni, discendenti dei primi normanni.
L'autonomia siciliana, ottenuta nel 1946, prima ancora dell'emanazione della Costituzione, fu necessaria per evitare la paventata secessione dell'isola. Gli esiti della speciale autonomia siciliana dal dopoguerra ai giorni nostri sono sotto gli occhi di tutti: una palla al piede che neutralizza qualsiasi reale innovazione.
Che sia davvero irredimibile questa Sicilia?