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23/02/2017 06:00:00

Scrive Antonio Galfano, sulle politiche culturali a Marsala e l'incarico a Moni Ovadia

Smanettando maldestramente sul mio computer, alla ricerca della “rassegna stampa locale”, ho avuto modo do leggere – purtroppo con notevole ritardo - un interessante articolo, scritto dal mio amico Enrico Russo, a commento delle politiche culturali “Marsalesi” e delle polemiche insorte a seguito dell’incarico di direttore artistico conferito recentemente dall’amministrazione comunale di Marsala a “Moni” Ovadia.

Ritengo superfluo precisare che ho apprezzato parecchio le considerazioni che, a tale riguardo, ha svolto l’autore del suddetto articolo, persona che io ritengo altamente qualificata e al di sopra di qualsiasi sospetto. Mi permetto tuttavia di sottolineare, forse per una mia “malformazione professionale genetica”, un aspetto che a mio avviso non è stato affrontato, pur costituendo un vero “asse portante” dell’argomento di cui discutiamo.

Mi riferisco al fatto che una città culturalmente importante, quale è la Nostra, non può coltivare sicuramente seri obiettivi di sviluppo teatrale se non si dota, a livello istituzionale, di una apposita e qualificata struttura organizzativa che sappia affrontare le questioni di base con la necessaria autonomia rispetto alla ordinaria organizzazione politico-amministrativa comunale ( Sindaco- Giunta- Consiglio).

Voglio dire, in termini più espliciti, che nel nostro Comune - se si vogliono conseguire, sul piano dell’interesse collettivo, apprezzabili obiettivi di sviluppo teatrale - si pone anzitutto l’esigenza di costituire, a livello istituzionale, una specifica e qualificata organizzazione teatrale. A tale proposito non è superfluo evidenziare che nelle città di una certa valenza culturale le competenze << istituzionali >> in materia teatrale fanno capo ad apposite strutture organizzative, quali sono ad esempio nella regione siciliana: la fondazione teatro Massimo di Palermo, partecipata dalla Regione, dal Comune di Palermo e da privarti; l’Ente Regionale teatro Bellini di Catania, la fondazione Orestiadi di Gibellina, partecipata dal Comune di Gibellina e sovvenzionata dalla Regione; l’Ente Luglio Musicale Trapanese, partecipato dal Comune di Trapani ,e così via.

Personalmente ritengo che la scelta amministrativa di conseguire finalità teatrali attraverso l’erogazione, da parte del Comune, di contributi a strutture organizzative private (associazioni private etc.) non si concilia con l’obiettivo di garantire alla collettività una attività teatrale continuativa e di buona levatura . Non sempre infatti si può disporre delle competenze e della disponibilità di persone qualificate come Enrico Russo ed è pure vero, d’altronde, che la sorte di queste persone è legata, quasi sempre, ai mutevoli umori della politica locale.

E’ ben vero invece che una struttura organizzativa teatrale separata dalla politica comunale non solo può agire con l’autonomia che le esigenze artistiche richiedono( scelta di direttori artistici, di responsabili tecnici etc.) ma può agganciare meglio le altre “essenze” culturali che operano liberamente nel territorio. E ciò nell’ambito di un quadro programmatico complessivo da elaborare osservando determinati criteri di razionalità e di efficacia, in relazione alle esigenze teatrali i avvertite, oltre che dalla normale utenza, dalle istituzioni scolastiche locali (progetto rapporti Teatro/Scuola).

La questione della adeguatezza logistica e funzionale delle strutture teatrali si pone ovviamente su un piano assai diverso, nel senso che interessa in modo diretto la politica comunale degli investimenti. Ritengo, per concludere, che l’amministrazione comunale in via prioritaria dovrebbe farsi carico di “LANCIARE” la costituzione di una grande fondazione socio-culturale- teatrale (“partecipata” dal Comune stesso, da altri Enti pubblici e da soggetti privati ), mentre in via subordinata, qualora venisse accertata l’impossibilita di procedere in tal senso, potrebbe pensare ad una gestione separata della materia attraverso apposita istituzione comunale. Così come ha fatto, ad esempio, il Comune di Avellino con il teatro “Carlo Gesualdo”.

A tale proposito potrebbe tornare utile una adeguata riorganizzazione, giuridica e strutturale, della istituzione “Marsala Schola” (se esiste ancora) da denominare, magari, “MARSALA TEATRO”. E’ chiedere troppo alla politica locale ?

Antonio Galfano