In politica c'è chi ha "approfittato della parola 'antimafia' e 'legalità'. Ecco perché ci vuole, da parte di tutti, una dieta delle parole. Perché ci deve essere una responsabilità delle parole". Lo ha detto all'Adnkronos don Luigi Ciotti, a margine di un incontro su Chiesa e mafia organizzato dal Centro Pio La Torre di Palermo. "Ci sono delle persone che ci sono state rubate e che noi dobbiamo 'bonificare, proprio come 'antimafia' e 'legalità - dice don Ciotti - L'antimafia è una parola che mi sta stretta, è un problema di responsabilità e di coscienza innanzitutto e non può essere una carta di identità che uno tira fuori a seconda delle circostanze. Così vale anche per la legalità, che è diventata un idolo". Per don Ciotti, fondatore di Libera, "c'è tanta retorica sulla legalità, anche nel mondo della scuola dobbiamo riflettere". "La legalità è diventata il lasciapassare per tanta gente - dice ancora don Ciotti - e da quando ne parliamo è cresciuta nel nostro paese. Affinché non resti una parola astratta, una maschera, dobbiamo saldarla alla parola responsabilità". "In questi anni in cui abbiamo parlato di più di legalità è cresciuta la corruzione nel nostro Paese - ha aggiunto don Ciotti - allora perché la legalità non diventi un idolo, una maschera, dato che molti hanno scelto una legalità malleabile e sostenibile, dobbiamo saldarla alla responsabilità, anche in politica".
Il fondatore di Libera ha poi ricordato le battaglie dell'associazione che hanno portato a una legge sul riutilizzo dei beni confiscati: "Quel milione di firme per avere una legge sul riuso sociale porta la firma anche di un palermitano, Di Lello - ha detto Ciotti - Con la confisca dei beni si è calpestato i piedi ai poteri forti e ai centri di interesse, la nostra denuncia è stata sofferta, ognuno è chiamato a guardarsi dentro ad assumersi le proprie responsabilità, con la coscienza dei propri limiti".