Non più onorevole, nè candidato, non più consigliere, nè possibile Sindaco. Chiamatelo solo "signore". Non è più deputato regionale, e comunque, se mai dovesse essere reintegrato, si dimetterà. Rinuncerà al seggio che gli tocca in consiglio comunale. Rinuncia alla corsa a Sindaco, ai titoli, al ballottaggio, alla vittoria che sembrava ad un miglio.
Mimmo Fazio ha deciso: esce fuori dalla corsa elettorale. Non vuole essere votato, il 25 Giugno. Non si ritira, per non permettere a D'Alì, che odia tanto quanto ama Trapani, di tornare in gioco. A fare chiarezza è stato l'ufficio elettorale della Regione siciliana. «Il caso è disciplinato dall'art.9 della legge del '92, in caso di dimissioni di uno dei due candidati al ballottaggio subentra il terzo», ha spiegato la dirigente dell'ufficio del dipartimento Autonomie locali, Margherita Rizza, che ha studiato la normativa. Quindi, Fazio non si ritira proprio per non favorire D'Alì.
Lui torna ad essere il signor Mimmo Fazio, privato cittadino, che deve difendersi da accuse gravissime di corruzione che lo riguardano e che lo hanno portato anche agli arresti domiciliari. "Mi difenderò da semplice cittadino, senza mettere in imbarazzo Trapani e i trapanesi" dichiara, Indagato per corruzione e traffico di influenze l'ex sindaco fa un passo indietro dopo essere stato il candidato più votato al primo turno col 33%.
Il ritiro di fatto di Fazio dalla competizione elettorale, il suo "rompete le righe" comunicato in un comitato elettorale pieno di suoi sostenitori increduli, è l'ennesimo colpo di scena di una campagna elettorale che sembra uscita dalla penna di uno sceneggiatore. Già in mattinata circolava la notizia (che era stata presa da tempo, ed era stata comunicata a pochi intimi, tra cui Mimmo Turano, che con l'Udc fa parte della coalizione di Fazio), poi anticipata all'ora di pranzo da Tp24.it: Fazio si ritira. Si pensava prima ad un ritiro formale, che avrebbe messo di nuovo clamorosamente in gioco D'Alì, che da domenica notte rifiuta di parlare dopo la bruciante sconfitta, poi emerge il dettaglio: si ritira, ma non ufficializza. E perchè? Per non rimettere in gioco D'Alì, e perché, in pratica - si dice - vuole essere eletto lo stesso, così si dimette, e si torna a votare a Settembre. In realtà non è proprio così, Fazio è molto chiaro: "Non voglio essere votato, se eletto mi dimetterei subito, ma sicuramente non farò più politica se prima non sarò stato assolto in questa vicenda, nella quale tanto fango è stato riversato contro di me".
In pratica l’ex sindaco – in carica tra il 2001 e il 2012 – invita la città a non votarlo. Al primo turno ha raccolto il 33% delle preferenze: è stato in pratica il candidato sindaco più votato a Trapani nonostante sia indagato indagato per corruzione e traffico di influenze. A questo punto il candidato del Pd Pietro Savona si trova vicinissimo ad una vittoria che sarebbe storica. Al primo turno ha preso il 26% dei voti. Perdere anche così sarebbe un'impresa....
"Io sono stato definito un corrotto - prosegue Fazio - quando ancora non ho subito neanche un processo. Mi piacerebbe parlare e dare delle risposte ma devo rispettare le indagini. Sono un uomo delle istituzioni. Ho la coscienza a posto, so di non avere fatto nulla. Mi sono reso conto che la mia possibile elezione costringerebbe la città a pagare un prezzo alto. Se fossi passato al primo turno avrei rinunciato. Io voglio bene alla mia città e non posso produrgli del male. Mi dimetto anche da parlamentare regionale e non accetterò la carica di consigliere comunale che mi spetterebbe ex lege se arrivassi secondo al ballottaggio".
FORZA ITALIA. «Mimmo Fazio conferma tutta la sua arroganza. Le sue dichiarazioni in ordine alla sua annunciata volontà non di abbandonare la campagna elettorale, ma di voler indirizzare il voto verso un unico candidato ci lasciano, ancorché abituati alle sceneggiate napoletane, esterrefatti» è il commento di Giuseppe Guaiana e Gaspare Gianformaggio, i due neoconsiglieri comunali a Trapani del Partito di Forza Italia.
MORACE. Primo atto della battaglia per la scarcerazione dell’armatore Ettore Morace, indagato nell’inchiesta sulla corruzione che ha travolto il settore infrastrutture e trasporti della regione Sicilia. Il re degli aliscafi è detenuto ai domiciliari e oggi i suoi legali, gli avvocati Giovanni di Benedetto e Lorenzo Contrada, hanno chiesto al giudice del Riesame la sua scarcerazione.
Secondo i difensori non ci sono elementi fondanti per la detenzione. Una tesi che i pubblici ministeri palermitani Luca Battinieri e Francesco Gualtieri hanno respinto, sottolineando come siano ancora fondati i pericoli di fuga e di inquinamento delle prove. Il Riesame si è riservato di decidere entro il 16 giugno. Ma in caso di pronunciamento favorevole alla scarcerazione da parte del tribunale palermitano, Morace sarà soltanto a metà dell’opera.
La stesso appello al Riesame è stato presentato dai suoi difensori per quel che riguarda il troncone trapanese dell’indagine. In questo caso l’udienza non è ancora stata fissata. Solo se entrambi i giudici del Riesame daranno parere favorevole l’armatore trapanese potrà tornare in libertà.