di Leonardo Agate - Nei giorni scorsi il vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, ha avuto perquisite le sue abitazioni di Roma e in Calabria, e ha avuto sequestrati i pc, le penne elettroniche e i telefonini anche di persone a lui legate a vario titolo. La perquisizione e il sequestro sono stati disposti dalla Procura di Napoli in seguito alla fuga di notizie segrete che permisero al giornalista di pubblicare, sul suo giornale, a dicembre dell’anno scorso, le notizie concernenti le indagini in corso a carico di Tiziano Renzi, Carlo Russo, il ministro Luca Lotti, i generali dell’Arma dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia e Tullio Del Sette.
La perquisizioni e i sequestri sono stati disposti ai sensi dell’art. 200 del CPP. L’ultimo comma di quest’articolo prevede che, se la fonte della fuga di notizie riservate pubblicate da un giornalista non può essere acquisita altrove, il giornalista deve rivelarla al giudice. Senonchè questa norma appare in contrasto con l’art. 21 della Costituzione, consentendo la possibilità di imporre a un giornalista la rilevazione della fonte delle notizie. In tal modo un magistrato può mettere la museruola ai cani da guardia della democrazia, come comunemente sono definiti i giornalisti.
I giornalisti non devono inventarsi le notizie. Se lo fanno rischiano le sanzioni di legge. Ma se riescono a pubblicare notizie segrete, loro fornite da fonti nascoste, non fanno altro che il loro dovere, oltre che esercitare un loro diritto. Ma c’è di più.
L’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, applicabile in Italia come in tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea, stabilisce che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione, che i singoli Sati possono limitare per impedire la divulgazione di notizie riservate. Nei casi concreti che sono stati sottoposti alla Corte Europea, sono state ritenute legittime le restrizioni della libera espressione del pensiero, anche a mezzo stampa, e le sanzioni al divulgatore di notizie segrete, solo se i reati da perseguire attengono a quelli di terrorismo o di pedofilia. L’inchiesta Consip non riguarda questo tipo di reati, ma casi di corruzione finalizzati a truccare il più grande appalto europeo di forniture pubbliche, dell’importo di 2,7 miliardi, sospeso in seguito alle notizie pubblicate da Marco Lillo.
Il vice direttore del Fatto Quotidiano, per aver pubblicato notizie riservate, è stato sottoposto dalla Procura di Napoli a un trattamento deteriore rispetto a quello riservato agli indagati del caso Consip. Le perquisizioni delle abitazioni e degli uffici, con il sequestro della strumentazione elettronica, non sono state disposte nei riguardi di coloro che sono gli indagati per i reati di cui Marco Lillo ha appreso e pubblicato le notizie. Non risulta che Tiziano Renzi, Carlo Russo, i generali Saltalamacchia e Del Sette abbiano avuto perquisite le abitazioni e gli uffici e nemmeno che gli siano stati sequestrati gli strumenti elettronici.
Povera Italia!