Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
19/08/2017 06:00:00

Regionali 2017, il PD tra Orlando e Alfano. Nessun nome Dem

Il 5 novembre prossimo non sarà una data troppo lontana, destra e sinistra, freneticamente, sono alla ricerca di un candidato alla presidenza della Regione.

L'obiettivo è cercare un'alleanza forte, un campo largo. Il Partito Democratico è in alto mare, i nomi si sprecano. Passano dal civismo all'apparato di partito, come fosse niente. Sarebbe da chiedersi cosa hanno costruito in questi cinque anni di legislatura targata Rosario Crocetta?. Se un partito di governo non pensa al suo naturale proseguo, cambiandone magari il presidente, è un partito che ha lavorato male, forse in maniera approssimativa.  Ha lavorato per l'oggi e non per il futuro. Ma non è quello che fanno i portatori sani della buona politica. Il PD ha a che fare con Leoluca Orlando, tesse la tela e lo fa partendo dal modello Palermo. Lo abbiamo scritto tante volte: la Sicilia non è Palermo, questo modello potrebbe non funzionare.

Orlando parla di grande alleanza e punta tutto su Fabrizio Micari, rettore dell'Università di Palermo.
Micari non è indigesto al governo Crocetta e alla sua Giunta, ha intrattenuto buoni rapporti con tutti gli Assessori Regionali. E' stato compiacente all'attuale governo, quando necessario ha partecipato alle convention del centro destra, la fetta di elettorato potrebbe farsi più ghiotta.E' un nome che arriva dalla società civile ma, come tutte le cariche di prestigio e di una relativa importanza, riesce difficile non pensare che sia, anche, politicizzato.

Micari è l'asso nella manica di Orlando che lo propone a Sinistra Italiana e ad Art.1, sul rettore c'è convergenza, qualcuno dentro all'area dem storce il naso e inizia a porre pregiudiziali. I bersaniani però non tollerano l'alleanza con Alfano e quindi il conseguente accordo che vedrebbe il Ministro tornare in auge con le prossime politiche del 2018. Quella che si vive dentro il Partito Democratico è una levata di scudi, del resto i veri oppositori si trovano sempre dentro il proprio partito, una sorta di teoria del dissenso.

A puntare il dito è il socialista Nino Oddo: “Passano le settimane e la matassa del centrosinistra siciliano tarda a sgrovigliarsi. I socialisti confermano l'opzione per una coalizione ampia e giudicano inspiegabili i veti sui moderati di centro da parte dell'estrema sinistra che non ha avuto remore a coesistervi alle recenti amministrative di Palermo. Per quanto concerne il candidato governatore, qualora permanga l'attuale incapacità di sintesi, le primarie entro il 15 settembre potrebbero essere utili a tenere tutti insieme".

Sono giorni di incontri frenetici, il gioco sta per finire. Game over. Alternativa Popolare si dice pronta a scendere in campo con un suo programma e con un nome spendibile alla presidenza: Giovanni La Via. Catanese, eurodeputato dal 2009. Anni 54, ex assessore regionale del governo Cuffaro dal 2006 al 2009 riconfermato nella successiva legislatura cuffariana, eletto con il PDL al Parlamento Europeo La Via confluisce, poi, in NCD.

I centristi di AP lo vorrebbero a capo di una coalizione ampia che passi dal centro fino ad abbracciare il PD nonché Forza Italia. Un caso singolare che gli elettori siciliani non capirebbero.
Ad insistere sul nome di La Via anche il deputato Saverio Romano, del resto entrambi hanno condiviso l'esperienza cuffariana, vicini ancora oggi.

Non è il solo nome che echeggia a centro, i moderati chiedono che sia Giampiero D'Alia a guidare la Sicilia, non fosse altro per il nome meglio gradito ai dem. Indubbio che il PD dovrebbe spiegare, ai suoi elettori, come mai siede al tavolo delle trattative con i cuffariani: hanno demonizzato quel periodo politico e lo hanno bollato come la vera castrofe della Sicilia. Coerenza vorrebbe che il candidato fosse di tutt'altra estrazione, spesso la logica razionale non coincide con quella numerica.

E' Pier Ferdinando Casini che esorta Angelino Alfano a chiudere l'accordo con il PD, a Roma si lavora per questo. Battute finali. Alfano ha appoggiato gli ultimi governi di centro sinistra, spostarsi ora a destra con Nello Musumeci, e con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, sarebbe la negazione di quanto accade a livello nazionale.

La politica è l'arte dell'impossibile, niente stupirebbe più questa Terra. Alfano è un ospite non gradito, non lo vuole la Meloni, lo stesso per Salvini e allora la convergenza a destra resta solo un sospirato tentativo da parte dei forzisti siciliani.

Al lavoro, Fausto Raciti, per mantenere inalterato lo schema politico che ha retto il governo Crocetta negli ultimi due anni, un'alleanza che potrebbe portare alla vittoria stoppando la corsa del movimento Cinque Stelle.  A mettersi fuori competizione da solo è il centro destra, gli appelli all'unità si sprecano.

Si chiede di fare sintesi tra più nomi, in verità quello che si chiede, tra le righe, è che Nello Musumeci faccia un passo indietro per riaprire il tavolo delle trattative. Sul banco ci sono Gaetano Armano, Roberto Lagalla che se da una parte strizza l'occhio a Saverio Romano dall'altra tende un braccio al PD.  Tutto purchè si arrivi all'apice, la discesa è pericolosa. La prospettiva di uno sguardo d'insieme e lungimirante resta ad oggi una catarsi.