Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
12/09/2017 06:00:00

Corruzione a Trapani, Fazio all'attacco: "Io in Tunisia? E allora perché chiedo il pane?"

 Ma vi pare che uno che vuole fuggire in Tunisia chiami sua moglie per ricordarle di prendere il pane? E' la domanda che si fa, retoricamente, Mimmo Fazio.

L'ex deputato e sindaco di Trapani, finito al centro di una singolare inchiesta su casi di corruzione legati al trasporto marittimo, passa al contrattacco dopo gli ultimi sviluppi dell'indagine: Fazio è stato infatti raggiunto da un divieto di espatrio, perché, secondo la Procura, aveva in mente di espatriare in Africa, precisamente in Tunisia.

La Procura è stata portata a questa conclusione sulla base di due intercettazioni sui quali i giornali hanno molto ricamato. Fazio le rende pubbliche, ed in effetti, sono leggermente diverse da quelle che sembrano rispetto ai titoloni che sono scaturiti su siti e quotidiani.

Ecco il lungo sfogo di Fazio: 

La notizia diffusa qualche giorno fa di un mio tentativo di fuga per riparami in Tunisia per sottrarmi alla giustizia è destituita di fondamento e non corrisponde a verità come agevolmente provato dalle indagine difensive svolte.
Ora basta. Sono scioccato nell’apprendere che la stessa ha tratto spunto dal contenuto di due intercettazioni telefoniche operate dal reparto operativo del nucleo investigativo comando provinciale dei “Carabinieri” di Trapani: la prima intercorreva tra me e mia moglie, nell’ambito della quale le chiedevo di portarmi il passaporto, lo zaino e di accertarsi che all’interno vi fosse il portafogli con la carta di credito e di prendere il pane e l’altra avvenuta tra mia moglie e l’enologo della cantina nella quale quest’ultimo le chiedeva “l’amico mio parte? Che fa? O no? R.: Mimmo? R.: si è andato a sistemare il gommone perché torniamo con il gommone (da Trapani a Marettimo); D.: no, ma parte per…. gli altri spond…..per l’altra sponda del mediterraneo o no? R.: ah no, ora uhm…...dovremo…...oggi arriva il tizio …...inc……..; D.: vedi se gli dici cosa ha fatto va………”.
Premesso che in capo alla mia persona non vigeva alcun limite o divieto di circolazione ad eccezione della città di Palermo né di espatrio. Sono state solo queste parole intercettate per determinare in capo agli Inquirenti l’assoluta convinzione di un programmato viaggio all’estero e quindi di un mio tentativo di fuga, per sottrarmi alla pronuncia del Tribunale della Libertà, che ha deciso il ripristino degli arresti domiciliari, (decisione comunque non esecutiva nell’immediato e chissà quando e se lo diventerà), oppure per incontrarmi con emissari degli altri indagati (non si rinviene neanche un minimo elemento su cui basare tale ipotesi). Questa risulta l’unica verità possibile per il nucleo investigativo dei Carabinieri di Trapani e fatta propria dai Magistrati ).
E’ del tutto inutile dire che l’idea di fuga non mi appartiene, se avessi voluto farlo non avrei certo aspettato tutto questo tempo dalla diffusione della notizia del pronunciamento del Tribunale della Libertà, ma soprattutto non avrei nulla da cosa fuggire, motivo per cui non mi è mai balenata nella mente. La cosa più preoccupante è che sarebbe stata facilmente riscontrabile la realtà dei fatti se solo si fossero operati approfondimenti o anche dei semplici riscontri, magari interrogando il diretto interessato, o alcuno dei suoi familiari, oppure accertando se vi fosse stato un consistente prelievo di denaro o se da pregresse intercettazioni risultasse un qualche collegamento con qualche persona tunisina o con qualche città della Tunisia.
Emerge nella sua totale ampiezza la contraddizione riscontrata; non è né verosimile nè logica la circostanza di una persona in fuga che chiede per telefono alla propria moglie (pur sapendo bene di essere intercettato) di portargli il passaporto e nello stesso tempo si preoccupa se quest’ultima ha preso il pane; nè la località ipoteticamente scelta per la fuga, la Tunisia, in considerazione della situazione attuale in cui versa che vede semmai un esodo al contrario. In questa vicenda che ahimè ancora una volta mi ha coinvolto incolpevolmente, l ’unica colpa che mi può essere attribuita è quella di aver accettato l’invito di un mio amico (vicino di casa  di Marettimo) a partecipare ad una battuta di pesca con il suo gommone da Lui stesso organizzata e, per inciso svoltasi regolarmente martedi 29 agosto, per recarci in un “banco” vicino le coste tunisine denominato “skerki”.
Inizialmente era prevista una permanenza di due giorni, con sosta notturna in acqua, con possibilità a seguito di un eventuale peggioramento del tempo, di portarci al riparo nel più vicino approdo tunisino. Ecco spiegato il motivo di dotarsi del passaporto, esigenza segnalata sin dall’inizio dall’organizzatore.
La partenza, inizialmente prevista per i giorni intorno a ferragosto, era stata differita più volte, in dipendenza della impossibilità del mio amico ad essere presente. Verificatasi tale condizione ed accertate le condizioni del tempo, la partenza fu fissata per il mattino di martedi 29 agosto alle 5.30, dal pontile di Marettimo. Vi partecipammo in quattro persone e rientrammo al punto di partenza intorno alle 19.00 dello stesso giorno. Inaspettatamente, erano in attesa i Carabinieri i quali prima mi chiesero come era andata la pesca e poi, molto gentilmente, mi comunicarono che erano lì per eseguire le operazioni di notifica di un provvedimento di aggravamento della misura cautelare nei miei confronti con l’obbligo di consegna in Questura del passaporto, proposto in data 28 agosto ed adottato dal Gip il giorno 29. Nel provvedimento si legge testualmente, “visto il rischio di un mio allontanamento dal territorio nazionale, finalizzato alla fuga o all’inquinamento probatorio attraverso contatti diretti o mediati con alcuno degli altri indagati”.
L’indomani, come di consueto, la notizia era su tutti i giornali ovviamente per come riferita dagli investigatori.
Su “la repubblica” il corrispondente, avuto per primo accesso alla notizia, ha dedicato addirittura per due giorni di seguito due articoli, su cui preferisco non soffermarmi per non incorrere nel solito tam tam sull”attentato alla libertà di stampa”, ormai ben noto. Mi limito semplicemente ad osservare che lo stesso giornale pubblicò in campagna elettorale la notizia dell’appello promosso dalla Procura avverso la riduzione delle misure cautelari disposta dal Gip, poi rivelatasi infondata.
Anche i telegiornali locali e nazionali hanno dedicato ampi servizi e, come ormai si usa, si sono scatenati i leoni da tastiera sui social. Sono stato dipinto in rete con sfrenata fantasia mediante vignette satiriche offensive e intolleranti che mi attribuiscono le più sporche azioni e le più deplorevoli condotte, senza alcun rispetto della persona umana (qualunque essa sia) con una espressione di odio inaccettabile come se la notizia fosse contenuta in una sentenza nell’ambito della quale sono stati già effettuati tutti gli approfondimenti e si è svolto un regolare contraddittorio.
Come avviene in questi casi, veicolata la notizia, si mette in moto la macchina del fango che in termini molto semplici poggia le proprie elucubrazioni su una elementare e disarmante considerazione: chi scappa ha paura, chi scappa è colpevole, chi scappa ha da temere ed intende sottrarsi ai rigori della giustizia, chi scappa non è certo una persona perbene.
Senza porsi minimamente il problema se vi sia realmente una persona che scappa.
Per l’opinione pubblica da un giorno all’altro, per fatti che ancora non conosco e che non sono neanche consacrati in una sentenza, da persona seria e stimata che ero, con un curriculum di tutto rispetto per circa 63 anni, da amministratore irreprensibile e corretto, da amministratore a cui sta a cuore la propria città e che fa di tutto a costo anche di sacrifici personali o di sovraesposizione per migliorarla, sono diventato un delinquente incallito con spiccata tendenza a delinquere, che tiene in scacco una città, capace di mimetizzarsi per tutti questi anni in persona perbene, nascondendo e prendendo in giro i propri concittadini facendo credere loro una realtà diversa, ingannando per più di dieci anni Prefetti, Questori, Magistrati, Comandanti delle diverse forze dell’ordine, con i quali ha lavorato fianco a fianco in situazioni complesse nascondendo loro la vera indole.
Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, ho respirato diritto sin da piccolo, ho sempre ritenuto che fossero le sedi giudiziarie quelle in cui accertare la verità. Ma oggi sono preoccupato perché mi chiedo quale strategia e chi ci sia dietro tutto questo.

Sono ancora in attesa di conoscere quali sono questi favori, sventolati a destra ed a manca dalla stampa, che avrei determinato direttamente e/o indirettamente a favore dei Morace o della società Ustica Lines, poiché quelli descritti nell’ordinanza di custodia cautelare, basati esclusivamente sulle intercettazioni telefoniche operate, risultano in contraddizione e ampiamente superate dalle prove documentali acquisite nelle indagini difensive effettuate e la verità risulta ben diversa da quella rappresentata come unica ed incontrovertibile rinvenibile
nelle tante relazioni formulate dal nucleo investigativo dei Carabinieri.

Non può poi non essere considerata sospetta ed anomala la circostanza che la denuncia presentata a mio carico, dalla quale ha preso il via l’azione penale, operata correttamente la qualificazione del reato, risulta ampiamente prescritta, poiché presentata otto mesi dopo l’accadimento dei fatti e la legge in questo caso non consente alcuna intercettazione e quindi
quelle operate risultano illegali. Come mai nessuno si è accorto di ciò? Chi aveva interesse che l’azione penale venisse attivata comunque autorizzando intercettazioni contra legem? Chi è stato l’oscuro manovratore?
Come mai viene presentata una denuncia dopo otto mesi dall’accadimento dei fatti? Come mai nessun rilievo viene dato al risultato della perizia disposta dalla Procura che sconfessa l’operato del funzionario regionale denunciante?
Perché nessuno si è mai interrogato sul fatto che l’arresto è stato eseguito con grande clamore dal nucleo carabinieri di Trapani, nella città di Brescia, in cui ero occasionalmente presente in quella città per assistere all’ultima partita di calcio del Trapani, quando, invece, era a tutti noto e soprattutto agli stessi Inquirenti che appena dopo un’ ora dall’arresto sarei atterrato
all’aeroporto di Palermo? Come mai l’ordinanza di custodia cautelare viene eseguita dopo la scadenza del termine di presentazione delle candidature a Sindaco? Come mai la circostanza che ero candidato alla carica di Sindaco della città di Trapani era espressamente contemplata nella richiamata ordinanza cautelare.
Anche il mio avversario politico dell’ultima competizione elettorale alla carica di sindaco tale Pietro Savona, appresa la notizia si è lanciato nella sua pagina facebook in sproloqui contro la mia persona con discorsi di cui dovrebbe solo vergognarsi e l’utilizzo di parole non certo lusinghiere attribuendomi responsabilità inesistenti e condotte indicibili.
Per chi non lo sapesse mi permetto di evidenziare che le censure che mi vengono rivolte prendono il via a seguito di un intervento “energico” da me effettuato in occasione di un tavolo tecnico, per difendere le sorti del posto di lavoro dei dipendenti dell’Ustica Lines, messo a serio rischio da discutibili iniziative e poco lineari condotte rinvenibili nell’adozione di alcuni provvedimenti posti in essere da alcuni funzionari regionali dell’Ufficio della Regione Siciliana che si occupa dei trasporti marittimi.
L’evento che mi ha stravolto la vita mi ha fatto comprendere che il nostro Paese non assicura alcuna garanzia all’indagato perché quelle previste per i lunghi tempi di attesa sono inefficaci e che la tanto decantata riforma del processo penale da sistema inquisitorio a sistema accusatorio è rimasta solo sulla carta.
Come è possibile accettare passivamente di essere distrutto come persona, nella tua immagine, nella tua dignità e toccare con mano la totale impotenza a queste evenienze non supportate da elementi concreti ed incontrovertibili.
A chi presentare il conto dei danni subiti diretti ed indiretti, delle conseguenze sui tuoi familiari e sui tuoi amici, atteso che non è previsto neanche l’eventualità di: “scusi ci siamo sbagliati”?
L’incredibile vicenda dell’asserita fuga, la notizia diffusa contestualmente ai media, la manipolazione e la strumentalizzazione esercitata da molti, hanno determinato danni irreparabili che nessuno risarcirà e che non possono non far riflettere, poiché quello che è successo a me può capitare a “CHIUNQUE ” e, sino a quando non brucia la propria pelle, non si crede quanto possa essere dannosa e deleteria l’ingiustizia compiuta in nome dalla giustizia.

Nel suo lungo sfogo Fazio cita anche Pietro Savona, che lo ha sfidato alle urne a Giugno, nelle incredibili elezioni amministrative di Trapani, finite poi con il commissariamento dell'Amministrazione Comunale. Ecco la replica di Savona:

Non sono abituato a commentare fatti che hanno un collegamento con aspetti giudiziari di rilevanza penale, ma le affermazioni sulla mia persona contenute nella nota diramata dall’ex sindaco Fazio meritano una riflessione, se non altro perché provengono da un soggetto che quanto a “vergogna” dovrebbe provarne tanta per i fatti di cui è imputato – non condannato – e sui comportamenti e le scelte conseguenti che tanto dànno e discredito hanno creato nei confronti della nostra infangata città, oramai motivo di studio per il famigerato “sistema Trapani” in materia di corruzione (domanda d’esami ad un allievo di giurisprudenza presso l’Università di Bologna).
Io non ho attribuito alcuna responsabilità a nessuno perché questo compito spetta alla magistratura, di cui il Fazio non sembra avere tanta fiducia e rispetto, per quello che scrive nella stessa nota; se avesse letto meglio le mie poche righe su fb, si sarebbe reso conto che il riferimento non era tanto alla “gita tunisina” sebbene alle considerazioni formulate dalla Procura, riportate dagli organi di informazione, quando asserisce che “la perdita di questa carica non ridimensiona la pericolosità sociale dell'indagato" e poi "personalità spregiudicata incline all'asservimento ai propri interessi personali...ideatore o partecipe di condotte criminali" .
Mi consenta Fazio che, se riferite ad un rappresentante le Istituzioni, sono parole che non “devono” lasciare indifferenti i cittadini e proprio lui che ha sempre avuto una particolare attenzione alla moralità, degli altri, dovrebbe evitare queste puerili considerazioni di sdegno come se nulla fosse successo in questa città negli ultimi mesi.
Per il resto non voglio esprime alcun giudizio.

Pietro Savona