Erano accusati di aver fatto finire in coma un uomo di Petrosino affetto da “Sla” e deceduto poco più di due anni dopo. Ma il giudice monocratico di Marsala Lorenzo Chiaramonte li ha assolti (“il fatto non costituisce reato”), come invocato dallo stesso pm Antonella Trainito.
Ad essere assolti, dall’accusa di lesioni colpose gravi, sono stati due medici dell’ospedale “Abele Ajello” di Mazara: Maria Assunta Canino, 53 anni, trapanese, e Francesco Quattrocchi, di 66, palermitano.
I fatti per i quali erano finiti sotto processo sono datati 9 settembre 2010. Ai due medici si rimproverava “negligenza, imprudenza e imperizia, nonché inosservanza delle regole medico chirurgiche”. Per i sanitari alla sbarra, in un primo momento, il pm aveva invocato la condanna a un anno e mezzo di reclusione, ma a seguito di una ulteriore perizia medica disposta dal giudice ha modificato la sua iniziale richiesta. A difendere Canino e Quattrocchi sono stati gli avvocati Giacomo Lombardo e Giuseppe Ippolito. “E’ stato un processo estremamente complicato – ha dichiarato l’avvocato Lombardo dopo la sentenza – la difesa, con i suoi eccellenti consulenti, tra i quali il professor Paolo Procaccianti e il dottor Massimo Sorbello, ha provato quante incongruenze e affermazioni fallaci c’erano nell’iniziale consulenza del pm, evidenziando tanti di quegli elementi che poi, piano piano, ci hanno portato a far si che dopo una richiesta di condanna, lo stesso pm, con grande onestà intellettuale, dopo la perizia disposta dal giudice, ha riformulato la sua richiesta, chiedendo l’assoluzione. Siamo, quindi, soddisfatti del lavoro svolto, che è stato fatto proprio anche dalla Procura. E’ una vicenda che segna anche la giurisprudenza nel settore sanitario, dove la speculazione in capo ai medici è all’ordine del giorno”. Ma per il legale di parte civile, Ignazio Bilardello, l’esito del processo è da attribuirsi “alla nuova recente normativa sulla responsabilità medica, che viene esclusa per la colpa lieve”. All’ospedale di Mazara, Antonino Santo era stato trasportato di gran corsa in quanto non riusciva quasi più a respirare perché il ventilatore domiciliare era andato in tilt a causa una temporanea interruzione dell’energia elettrica. A fronte delle persistenti difficoltà respiratorie, secondo l’iniziale accusa, i due medici non avrebbero proceduto “alla disostruzione della cannula tracheostomica, perseguendo l’errata ipotesi che ricollegava i disturbi respiratori al malfunzionamento del ventilatore”.