Meglio evitare le “insidie” di un interrogatorio in aula. E’ quanto avrà pensato Michele Licata, ex imprenditore leader nel settore ristorazione-alberghiero, che ha deciso di non sottoporsi all’esame nel processo che davanti al giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte lo vede imputato con l’accusa di “lottizzazione abusiva” finalizzata alla realizzazione di un caseificio, nonché alla cementificazione di una “zona a protezione speciale” in prossimità della spiaggia di Torrazza. Licata, difeso da Carlo Ferracane, è comunque sempre in tempo per rendere “dichiarazioni spontanee”. Queste, tra l’altro, non presentano la principale insidia dell’interrogatorio. E cioè le domande del pm, del giudice e della parte civile. Alla prossima udienza, l’1 febbraio, saranno ascoltati due tecnici del Comune di Petrosino, che è parte civile con l’assistenza degli avvocati Valerio Vartolo e Giuliano Pisapia.
I due tecnici chiamati a deporre in aula saranno l’ingegnere Tumbarello e il geometra Giacalone. Lo scorso 29 settembre era stato ascoltato un altro tecnico del Comune petrosileno: l’architetto Vito Laudicina, responsabile del settore Urbanistica e Abusivismo. Laudicina, che lo scorso dicembre ha annullato le licenze edilizie rilasciate tra il 2003 e il 2004 per la realizzazione di Baglio Basile, ha ribadito che l’area di Torrazza è sottoposta a vincoli ambientali, tra i quali quelli previsti dalla Convenzione di Ramsar.
Nella zona di Margi Nespolilla e Torrazza, la società “Roof Garden” avrebbe voluto realizzare, in realtà, secondo l’accusa, un grande complesso turistico. In barba anche ai vincoli di natura ambientale della zona. A sostenere l’accusa è il pubblico ministero Antonella Trainito.