Adesso c'è anche l'elenco delle prime 85 case abusive delle circa 170 "non sanabili" perchè costruite a Triscina a meno di 150 materi dalla battigia. I soldi per abbatterle i commissari del Comune di Castelvetrano, patria del superlatitante Matteo Messina Denaro e sciolto per infiltrazioni mafiose nello scorso giugno, li hanno ottenuti dalla Cassa depositi e prestiti. Sono tre milioni di euro e serviranno all'abbattimento di 85 immobili che nella frazione di Triscina (uno anche a Castelvetrano) che sono stati costruiti in zona con vincolo di inedificabilità assoluta, cioè entro i 150 metri dalla battigia.
I soldi saranno utilizzati solo se i proprietari non si faranno carico delle spese come spesso è accaduto in passato ad esempio a Licata. A chiarire il meccanismo e elencare le costruzioni da abbattere, come informa l'agenzia Ansa, una tabella parte integrante di una determina dirigenziale del III Settore comunale, nella quale sono elencati i nominativi dei proprietari delle case da abbattere, l'ubicazione di queste ultime e i relativi costi di demolizione per le quali è prevista una priorità contrassegnata con le lettere dell'alfabeto: a, b, c. Complessivamente le case da abbattere a Triscina, secondo una stima effettuata nei mesi scorsi dalla commissione straordinaria alla guida della città, sono all'incirca 170. Il comitato dei proprietari che da anni si oppone alle ruspe nei prossimi giorni terrà una riunione con alcuni legali proprio a Triscina per decidere nuove azioni di lotta.
Fino ad oggi a Triscina, frazione balneare di Castelvetrano, per decenni emblema dell'abusivismo edilizio in Sicilia, solo due case "fuori legge" sono state abbattute. Oltre alle 170 da abattere gran parte dei circa cinquemila immobili realizzati a due passi dalla spiaggia sopravviverà grazie alle leggi che, negli anni, hanno consentito di sanare complessivamente 1.900 abitazioni. "Per otto fabbricati l'ordinanza di demolizione è già pronta. Dovranno essere i proprietari a farsi carico della demolizione. Qualora ciò non avvenisse il Comune agirà in via sostitutiva rivalendosi poi sempre sui proprietari", aveva spiegato alcuni mesi fa Salvatore Caccamo, uno dei tre commissari alla guida del Comune sciolto per mafia.
Secondo la Polizia municipale che ha conculuso a fine agosto gli accertamenti "Solo un paio - rivela Caccamo - sono prime case, le restanti sono seconde case e per alcune esiste persino un atto di compravendita con rogito formalizzato dal notaio". L'abusivismo a Triscina è uno degli argomenti approfonditi dai componenti della commissione di indagine che hanno avuto accesso agli atti amministrativi e hanno redatto la relazione che ha portato allo scioglimento, lo scorso mese di giugno, del Comune.
"A Triscina - si legge nella relazione - la pianificazione approvata dalla precedente amministrazione, della quale il sindaco era assessore allo Sviluppo economico, non ha previsto alcun piano attuativo di recupero con il conseguente rilascio indiscriminato di numerose concessioni edilizie, sulla base di un semplice parere legale, in assenza di alcuna verifica degli standard urbanistici. Ciò ha provocato ulteriore gravissimo disordine urbanistico con conseguente incalcolabile danno all'ambiente oltre che all'erario comunale". Nella relazione si legge ancora: "Tra i beneficiari delle concessioni edilizie ritenute non conformi alla normativa figurano persone vicine ad ambienti della criminalità organizzata.
Inoltre è stata riscontrata la mancata demolizione degli immobili realizzati in zona di inedificabilità assoluta, ossia entro i 150 metri dalla battigia. Tra le pratiche inevase anche quella di un parente del latitante Matteo Messina Denaro".
"Ad oggi - conclude il commissario Caccamo - mi risulta che sono state effettuate solo due demolizioni, mentre le case abusive accertate con ordinanza dell'autorità giudiziaria sono una cinquantina".