Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
18/01/2018 04:20:00

La giustificazione delle guerre

di Leonardo Agate. Nel mondo tutto al solito.

Le solite guerre in un paio di continenti, che per buona sorte ne colpiscono limitate parti. Le bombe atomiche sono custodite negli arsenali. Ce ne sono circa 20 mila, possedute da Usa, Russia, India, Francia, Gran Bretagna, Israele, buon ultima la Corea del Nord. Qualche altro Stato nega di averle, ma forse qualcuna la tiene in serbo, come l’Iran.

Se si pensa che il Trattato di non proliferazione nucleare, concluso a Londra i 1°luglio 1968, ha ridotto il numero complessivo delle testate atomiche della metà, rispetto ad allora, è un buon progresso. Se, però, si pensa che le nuove bombe atomiche esistenti hanno un potere distruttivo decuplicato rispetto a quelle vecchio modello, il risultato non è confortante.

Sarà difficile che qualcuno, che abbia il bottone atomico più o meno grande, voglia schiacciarlo, anche perché entrerebbero in funzioni controlli e super controlli. Schiacciando efficacemente quel bottone, si sa come si comincia ma non si può prevedere dove si possa sbattere. Come successe durante il periodo della Guerra Fredda, il timore reciproco del disastro, che avevano Usa e URSSS, mantenne l’equilibrio planetario. Anche ora, avviene qualcosa di simile, ma gli attori che si fanno reciproca paura sono diventati più numerosi, e questo di per sé complica le cose.
Intanto, per altri aspetti, finché c’è guerra c’è speranza, come si intitolava un film con Alberto Sordi, che vi figurava come rappresentante e venditore di armi.
Il Parlamento italiano, benché siamo ormai in campagna elettorale, e non risolve più un problema, preso com’è dalla competizione per il prossimo voto, trova il tempo di discutere una missione militare in Niger: ci manderemmo 500 soldati contro i “traffici illeciti”. Si vede che è urgente, perché l’ha detto….chi cavolo l’ha detto? Non si sa ufficialmente, ma ufficiosamente lo sanno tutti gli esperti di storia, di politica e di economia. L’hanno detto e imposto i costruttori di armi e i generali. Gli uni e gli altri, se non si fanno guerre, non fanno affari e carriera.
“La vita è una guerra” non è solo una metafora, che indica le difficoltà del vivere quotidiano. E’ la realtà operante a livello internazionale. E tutte le guerre, anche le missioni di pace che sono invio di truppe in Paesi stranieri, trovano una giustificazione, che le fa diventare apparentemente giuste. Il sofisma è: la giustificazione rende la guerra giusta. Solo che la giustificazione ognuno se la rappresenta come vuole.