di Salvatore Agueci - Dopo il ’68 ci fu un’ondata di richieste alla gestione della cosa pubblica (nacquero i Decreti Delegati 416/74 sugli Organi collegiali nella scuola, il DPR 249/98 Statuto studentesse e studenti), e questo come esigenza di attuazione della Carta Costituzionale, nella quale emergono i valori fondamentali: la persona, la dignità, la libertà e l’uguaglianza, il lavoro, la democrazia, la legalità, l’etica, anche i diritti e i doveri, quali la solidarietà e la partecipazione.
Eppure negli ultimi decenni la partecipazione, soprattutto politica, è andata scemando da parte dei cittadini. Lo dimostrano i dati sull’affluenza nelle politiche del 2013: il 75,17% alla Camera, il 75,19% al Senato. In Sicilia, alle elezioni regionali del 2017 ha votato solo il 46,76%, il 53,23% ha disertato le urne: ha vinto il partito dell’astensionimo, anche se ciò non è oggetto attento di valutazione politica.
Il concetto di partecipazione indica il coinvolgimento di una persona, assieme ad altri, a una forma di attività collettiva, sia con la presenza e sia apportandovi il proprio contributo al fine di godere di un bene comune: «Quando si sogna da soli – diceva Che Guevara - è un sogno, quando si sogna in due comincia la realtà».
La partecipazione sprigiona nel soggetto il desiderio di felicità e di libertà (non a caso G. Gaber cantava che «La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione») e lo rende attivo nell’edificazione di valori e principi comuni. Scopre negli altri competenze e, attraverso l’interscambio, le persone si arricchiscono di beni non propri: l’individuo diventa corroborato e la forza lo rende sicuro, padrone di sé, carico di passione. Si sviluppa maggiormente il senso di vicinanza affettiva e si condividono, facendole proprie, le gioie e le sofferenze altrui.
Tra i vari modi di prendere parte vi è quella ai riti religiosi: la preghiera potenziata, irrobustisce la comunità che si mette in contatto con la divinità, elevando a essa la lode, il ringraziamento (eucaristia) e la richiesta. I soggetti partecipano, così, alla vita divina, ne ricevono forza vitale e affrontano la quotidianità dando senso al vissuto. Mons. Bruno Forte proietta il nostro agire in una dimensione cosmica, come piena partecipazione alla vita dell’Assoluto: «Il tempo – dice - è la perenne novità del dono che l’Eterno fa alla creatura dell’esistenza, dell’energia e della vita, l’atto della continua creazione, l’eternità che si proietta nello spazio» ed esso è «l’inserzione dell’esteriorità del mondo nell’interiorità di Dio».
Dal punto di vista sociale vi è la condivisione dei beni altrui, quali il denaro, il tempo, la cultura, le capacità… Questo è fatto spesso con gratuità, come l’opera del volontario, poiché è donando che si riceve, amando che si ama.
Nella vita civile, in particolare delle società democratiche, i cittadini collaborano al vivere pubblico, lasciandosi coinvolgere negli organismi e, attraverso il voto e altre forme di partecipazione loro attribuiti, indicano l’indirizzo e le forme di amministrazione confacenti al momento storico. A tal fine la nostra Costituzione Repubblicana afferma la necessità di una «effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 4)». I lavoratori sono concepiti come chi presta le energie per il bene collettivo: si sviluppa così la loro sovranità e si esercitano i diritti/doveri.
Guai, però, a considerare la forma di partecipazione come una tantum o a valutarla come una delega in bianco. Ancora più grave è se questo coinvolgimento è “barattato” per interessi individualistici o di gruppo e se a gestire il tutto sono organismi malavitosi. Se quest’intreccio diventa accordo politico tra i candidati al governo e i delinquenti si è al massimo della corruzione e il bene dei singoli e di tutti va alla deriva. «Il distacco e l’indifferenza – ha scritto Carlo Smuraglia, Presidente dell’ANPI nazionale -, non appartengono alla democrazia», poiché «nel quadro di una cittadinanza attiva, per tutti, si realizzano concretamente i valori e si combattono tutti i pericoli a cui sono esposte, sempre, la democrazia e la stessa convivenza civile».
È necessario, allora, il senso di corresponsabilità e, perché ogni cittadino ne prenda coscienza, sia educato a capire che ogni atto di non partecipazione effettiva, anche se non visibile subito, ha una ricaduta sull’intera società, compreso il soggetto e i propri figli.
Il senso civico parte dall’ambiente in cui si vive e dal vicinato. Avere consapevolezza ampia della propria nazione, significa partire dal territorio circostante, rispettando persone e luoghi che quotidianamente calpestiamo. Mai la tentazione dello scollamento dovrà prendere il sopravvento sulla partecipazione (anche se a volte emotivamente è una forma di reazione immediata) perché ciò significherebbe lasciare a una minoranza il potere di governare e di decidere secondo i loro interessi, a discapito dei bisogni dei molti.
Concludo con un pensiero di Bill Watterson, fumettista statunitense, che fa dire a
Calvin: “È molto più divertente criticare le cose che cercare di cambiarle“. Noi prima di criticarle, da uomini maturi, partecipiamo attivamente al rinnovamento sociale.