Come era prevedibile, i ricorsi degli abusivi di Triscina sono stati rigettati dal Tar.
“Considerato che l’intervenuta acquisizione al patrimonio del Comune di Castelvetrano degli immobili in questione rende immune dalle censure dedotte i provvedimenti impugnati per cui, sebbene sussista il danno temuto, non si può accogliere la domanda di sospensiva – si legge in una delle ultime ordinanze del Tar per la Sicilia - respinge la domanda di sospensiva in epigrafe”.
In sostanza, semplificando, dal momento che gli immobili sono stati da tempo acquisiti al patrimonio indisponibile del comune, gli ex proprietari non avrebbero avuto titolo a ricorrere.
E qui fa da contorno la questione poco chiara dell’Imu che alcuni, seppur non dovuta, avrebbero continuato a pagare lo stesso.
Ma già nel maggio del 2013, l’allora sindaco Felice Errante aveva detto chiaramente che gli immobili insanabili non la pagavano, perché acquisiti tutti dal Comune.
Perché allora, pagare una tassa su un immobile di cui non si è più proprietari?
Forse perché questo patrimonio “indisponibile” era a disposizione degli ex proprietari che, da “custodi” del bene, hanno continuato ad abitarlo durante il periodo estivo? Difficile dirlo. Ma certamente, in queste condizioni si è fatta fatica a riconoscere dove finisce il privato e comincia il pubblico.
Adesso, visto l’accordo di collaborazione stipulato con il libero consorzio comunale di Trapani, si procederà all’esame delle offerte e della documentazione amministrativa delle undici imprese che hanno partecipato al bando di gara per occuparsi dei lavori di demolizione delle prime 85 case per una somma a base d’asta di 1.868.400 euro, grazie ad un tipo di prestito previsto per i comuni commissariati. “Le procedure sono ben avviate – ha affermato il commissario Salvatore Caccamo – ed i tempi dovrebbero essere abbastanza celeri, dal momento che il libero consorzio ha messo in calendario questa gara come prioritaria”.
C’è però un’errata convinzione, diffusa in modo più o meno sotterraneo. E cioè che sulle demolizioni di Triscina, il commissario Caccamo si sia incaponito. Come se si trattasse di una sua guerra personale. Insomma, chi ha costruito non avrebbe colpa (secondo il forzato assunto che nessuno gliel’avrebbe impedito), chi all’epoca avrebbe dovuto vigilare non lo ha fatto e gli amministratori che, in seguito, avrebbero dovuto demolire, hanno lasciato correre.
La domanda da bar più insistente è allora: perché questo commissario si è messo in testa di demolirle per forza? La risposta è semplice: lo impone la legge. E a poco vale richiamare i problemi della città che avrebbero apparentemente una maggiore priorità o, ancor peggio, il fatto che la legge lo imponeva anche prima (quando al posto del commissario c’erano i sindaci) ma nessuno era passato ai fatti.
Ma passare ai fatti oggi è un obbligo, soprattutto nel contesto di un comune commissariato per mafia, nella cui relazione di scioglimento si fa riferimento (tra le altre cose) anche ai “diffusissimi fenomeni di abusivismo, a fronte dei quali l’amministrazione comunale è rimasta sostanzialmente inerte, omettendo nella grande maggioranza dei casi di procedere alle prescritte demolizioni o di irrogare le altre sanzioni previste dalla normativa vigente in materia”.
Insomma, una commissione straordinaria che non predisponesse tutti gli atti necessari per le demolizioni, si dimostrerebbe “inerte” esattamente come l’amministrazione precedente (o meglio, come le altre amministrazioni precedenti). Suonerebbe come un sorta di resa dello Stato davanti ad un’illegalità, istituzionalizzata in virtù della sua capillare diffusione.
Egidio Morici