Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
19/04/2018 06:00:00

Marsala, in scena al teatro Impero “ La Scuola”. Ora come allora per ridere e riflettere

A rispondere all’appello, martedì sera, sono stati i professori. Buona parte del corpo docente di Marsala ha partecipato infatti allo spettacolo La Scuola. Quattrocentoquarantuno biglietti, un mezzo successo, considerando sempre i numeri ben più esigui degli spettacoli proposti finora dall’Amministrazione comunale e scelti dal direttore artistico dei teatri marsalesi, Moni Ovadia.

Lo spettacolo è tornato a casa, si potrebbe dire, perché era nato per il teatro e solo successivamente, nel 1995, Domenico Starnone ne fece una trasposizione cinematografica. Un grande successo che aprì il filone della serie di ambientazione scolastica. A volergli trovare un difetto possiamo dire che è stato un po’ troppo lungo, soprattutto per quella parte di spettatori che non vive quotidianamente le dinamiche del mondo della scuola.

Grandi mattatori in scena: Vittoria Belvedere, Vittorio Ciorcalo, Roberto Citran, Roberto Nobile, Antonio Petrocelli, Maria Laura Rondanini e poi lui, Silvio Orlando, un attore che piace per quella sua aria un po’ goffa, con la zeppola in bocca che gli fa storpiare un po’ le parole, piccole distorsioni prontamente compensate dai suoi personaggi, positivi al punto di apparire surreali. Una sorta di Woody Allen, meno cervellotico, più genuino.

Tempi comici perfetti, anche quando qualcuno in scena sbaglia battuta, dialoghi fittissimi e incalzanti. Nessun cambio di scena, tutto lineare come la drammaturgia stessa. Lo spazio fisico in cui si riuniscono gli insegnanti diventa il campo di scontro tra i diversi approcci etici e mentali di chi li abita. Tutto ruota attorno ad un alunno che diventa paradigmatico rispetto alle differenze dei professori.

Dopo vent’anni, insomma, la scuola non è cambiata granché, stesse le problematiche e medesime le difficoltà da affrontare durante il collegio dei docenti. Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali e personali, amori, amicizie e scontri generazionali, prendono vita personaggi esilaranti, giudici impassibili e compassionevoli al tempo stesso.

Il teatro Pop funziona e va incoraggiato, perché la professionalità salva ogni cosa, anche lo spettatore più ingenuo ne gode e questo potrebbe essere un sentiero da battere per quanti si spendono nella speranza di creare un nuovo pubblico che possa crescere e diventare sempre più esigente.