Lo spostamento delle alghe da Selinunte a Triscina (ne abbiamo parlato qui) non è stato affatto deciso dal commissario Salvatore Caccamo, alla guida di Castelvetrano dopo lo scioglimento per mafia del comune, che non ha avuto alcun ruolo (nemmeno quello di controllo) sui lavori di bonifica del porto di Selinunte. Lavori che invece sono stati appaltati della Regione Siciliana attraverso il Genio Civile di Trapani.
Gli uffici tecnici del comune hanno invece fatto parte delle conferenze di servizio insieme alla Soprintendenza, l’assessorato regionale di riferimento, il libero consorzio comunale di Trapani (ex Provincia)… che hanno individuato il sito dove trasportare il materiale estratto dal porto e giacente da mesi nella spiaggetta attigua. Si era dapprima pensato al tratto di arenile sotto il depuratore di Selinunte, ma i tecnici del comune si sarebbero opposti, perché area di interesse comunitario. E alla fine, dalle conferenze di servizio è venuto fuori quel tratto di spiaggia compreso tra le strade 17 e 17A di Triscina.
Se fossero state soltanto foglie di posidonia, lo spostamento sarebbe stato legittimo in base alla norme. Anche perché, l’Arpa aveva già fatto le analisi eco tossicologiche, che stranamente erano risultate buone.
Ma la presenza di evidenti rifiuti all’interno dei cumuli ha fatto la differenza. E ha prodotto una vibrata protesta in piazza da parte dei residenti, radunatisi sotto la sede dell’ufficio del Commissario Caccamo, che si è detto da subito solidale con le esigenze dei manifestanti. Alla fine, i tecnici hanno disposto il blocco dei camion. Lo stesso Caccamo ha poi chiesto la rimozione di quanto già depositato. “Laddove si va ad intaccare la salute pubblica – ha affermato - io non posso che condividere la loro posizione”, suggerendo anche di fare delle contro analisi per accertare che non ci siano rifiuti nocivi o pericolosi. Controanalisi che dovrà fare il Genio Civile, che ha eseguito i lavori di somma urgenza per conto dell’assessorato regionale, sul quale ricade anche l’onere di ripulire tutto.
Ci si chiede: perché trasferire i cumuli da Selinunte a Triscina? La risposta, oltre ai tecnici comunali che hanno fornito i pareri in completa autonomia dalla commissione straordinaria, potrebbero darla anche gli altri uffici che facevano parte delle varie conferenze di servizio.
Ma ci si chiede anche: queste masse, al di là della presenza macroscopica di vari rifiuti (reti da pesca, cordami, bottiglie…) sono davvero non inquinanti?
Quest’ultima risposta è stata già data: nessun inquinamento. A darla è stata la maggioranza dei consiglieri comunali di Castelvetrano in una seduta del 2015: le masse di alghe, arricchite da idrocarburi e da sedimenti fognari provenienti dalle vicine vasche di sollevamento, non avrebbero avuto niente di nocivo e sarebbero potute rimanere tranquillamente sulla spiaggia adiacente, dove le ruspe le avevano depositate in attesa che il mare se le portasse via.
In quel consiglio comunale, il consigliere Ninni Vaccara, appoggiato anche da Monica di Bella del Partito Democratico, aveva avanzato una mozione chiedendo un ulteriore esame tossicologico. Ma niente da fare: mozione respinta.
Un rifiuto che faceva il pari con una precedente ordinanza del sindaco Felice Errante in cui, giocando con le parole, trasformava l’attività di dragaggio del porto in un semplice spostamento di posidonia, scrivendo che quest’ultima “rappresenta di fatto una biomassa spiaggiata che riveste un ruolo importantissimo nella protezione delle spiagge dai fenomeni erosivi in quanto fornisce un contributo diretto e indiretto alla vita delle biocenosi animali e vegetali delle spiagge e che quindi è necessario aumentare la tolleranza dei fruitori delle spiagge anche attraverso opportune azioni di sensibilizzazione”. Concetti riferiti alle masse putride di alghe che, allora come adesso, erano farcite di immondizia visibile di ogni tipo, oltre che da batteri fecali ed idrocarburi.
Sindaco e buona parte della politica di maggioranza del comune, poi sciolto per mafia, avevano quindi detto la loro sulle alghe del porto di Selinunte.
E secondo lo stesso principio, nel 2015 il comune decise di trasportare in via Manganelli a Castelvetrano i cumuli di “alghe” estratti dai fondali e depositati sulla spiaggia attigua. Sulla carta un trasferimento temporaneo, per poi riportarli in spiaggia nel periodo invernale (“per evitare l’erosione delle coste”). Quelle masse sono ancora in via Manganelli, divorate da erbacce ed alberelli selvatici.
Un trucco dunque. Una bugia per non pagare i costi di smaltimento. Infatti, nel corso degli anni, a prescindere dal sindaco in carica, si è tentato di ributtare questi fanghi di dragaggio direttamente in mare, con le ruspe (e tanto di denuncia dell’Arpa all’Autorità Giudiziaria). Oppure di scaricarla (per carità, “temporaneamente”) in un campo di ulivi (con tanto di denuncia da parte della Forestale, poi finita con le solite assoluzioni, e trenta alberi morti).
Insomma, via Manganelli ieri, la spiaggia di Triscina oggi. Con la differenza che la via Manganelli è una zona periferica non abitata, mentre a Triscina la zona di “ripascimento” è stata identificata ad un centinaio di metri da un lido balneare, proprio il giorno d’inizio dell’estate.
E’ come se i vecchi trucchi usati dalla precedente amministrazione comunale, siano stati fatti propri dal Genio Civile.
Come per qualsiasi disservizio poi, anche in questo caso le colpe sono state attribuite al commissario Caccamo. Ed i comunicati stampa di sdegno sull’accaduto, non si sono fatti attendere.
Codiciambiente, rappresentata dall’avvocato Giovanni Crimi (del comitato “Orgoglio Castelvetranese” che ha organizzato il discusso corteo “Sono castelvetranese e non sono mafioso”), ha pure invitato “il comune di Castelvetrano ad astenersi dall’effettuare altri trasporti di tali materiali sui luoghi in questione nonché a rimuovere, nel più breve tempo possibile, quello che già si trova sulla spiaggia”, ignorando che i trasporti sono stati effettuati dal Genio Civile e non dal Comune.
Luciano Perricone, errantiano di Liberi e Indipendenti, ha annunciato “ogni azione possibile in punto di diritto per sapere se il comune di Castelvetrano non abbia violato, con questa scellerata scelta, le norme…” Anche a lui, come all’avvocato Crimi, sembra essere sfuggita la paternità dei lavori. E anche lui, ha invitato i commissari a rimuovere la posidonia da Triscina, come se gliel’avessero depositata loro.
Secondo la signora Serena Navetta del Tribunale del Malato (anche lei nel comitato del corteo del 16 giugno), invece, la commissione straordinaria avrebbe firmato addirittura il trasferimento insieme alla Regione Siciliana e alla Capitaneria.
Più prudente il sindaco di Partanna Nicola Catania, al quale risulta che “il sito scelto (Triscina, ndr) sia stato proposto dal Comune di Castelvetrano in alternativa ad uno già individuato e autorizzato da tutti gli enti interessati in un luogo diverso”. Cosa confermata, come scritto sopra, dal commissario Caccamo. Con il piccolo particolare che, trattandosi di scelte di specificità tecnica, alla conferenza di servizio non ha partecipato la commissione ma, appunto, un ufficio tecnico.
Infine c’è una petizione lanciata da Legambiente, al momento in cui scriviamo arrivata a più di 250 firme, in cui si chiede la revoca del “provvedimento amministrativo adottato dal comune” ed il ripristino dei luoghi.
L’impressione è, come d’altra parte evidenziato più di una volta dallo stesso Caccamo, che parti dell’apparato tecnico burocratico del comune remino contro l’operato della commissione. Questo produce ulteriori casi eclatanti di disservizio (l’ultimo, è il caso del blocco delle bancarelle per la festa del patrono). E la colpa è sempre del “signor” Caccamo.
Sapientemente poi, gruppi elettorali e loro simpatizzanti che scalpitano per le amministrative del prossimo anno, sanno bene come cavalcare ed amplificare quest’insofferenza. Un’insofferenza che ha trasformato la diffidenza iniziale in un senso diffuso di persecuzione, molto lontano “dall’auspicata collaborazione” di cui aveva parlato lo stesso commissario in quell’intervista ad Uno Mattina. Ed è infatti da quell’intervista che è nato il corteo dell’orgoglio castelvetranese del 16 giugno scorso. Una reazione, appunto, contro la commissione e contro i giornalisti che “infangano il territorio”.
Quella di Castelvetrano, in questo preciso momento, è una complessità difficile da raccontare. Qualsiasi semplificazione rischia di trasformarsi in contrapposizioni da tifoseria.
Egidio Morici