Il clima pazzo di quest’anno e l’attacco della peronospera fanno sentire i loro effetti negativi sulla produzione vitivinicola siciliana. Se il livello qualitativo resterà ovunque alto, le previsioni sulla vendemmia iniziata da alcuni giorni non lasciano ben sperare sul fronte quantità: nelle province di Palermo, Trapani ed Agrigento – da dove arriva circa l’80% di tutto il vino dell’isola – la produzione accusa un calo medio che del 20% con punte del 30, mentre le zone dell’Etna e del Cerasuolo di Vittoria sono riuscite a limitare i danni e ad alzare lievemente la media regionale. I numeri dicono quindi che la produzione siciliana sarà superiore al 2017 (4,1 milioni di ettolitri) ma resterà comunque sotto la media dei 5,6 milioni di ettolitri degli ultimi dieci anni (fonte Istat). La vendemmia del 2018 dovrebbe portare a una produzione totale di 4,5 milioni di ettolitri, cifra ben lontana dal 2016 e 2015, quando si attestò oltre i 6 milioni.
“I viticoltori hanno imparato a misurarsi negli ultimi anni con il cambiamento climatico sempre più marcato ed imprevedibile e chi ha saputo fare prevenzione è riuscito a salvare buona parte del raccolto – commenta Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale – ma i ripetuti interventi in vigna, per contrastare l’attacco di malattie fungine come la peronospera, hanno fatto lievitare i costi di produzione. L’interesse per il vino siciliano è sempre alto e dobbiamo lottare perché ciò non cambi. In questo momento stiamo conducendo una battaglia sulle autorizzazioni di reimpianto, il rischio che migliaia di ettari di vitigni siciliani possano emigrare altrove è sempre alto. La Sicilia resta la regione con la maggiore superficie vitata, che è oltre i 100 mila ettari, ma è terza per produzione di vino dietro Veneto e Puglia. E’ un trend che dobbiamo invertire”.
Andando ad analizzare nel dettaglio le zone di produzione, le aree del partinicese e dell’alcamese accuseranno quest’anno un calo rispetto alla media del 20%. Dovrebbe andare peggio nelle zone di Petrosino, Salaparuta e Partanna, in provincia di Trapani, dove le grandinate di giugno hanno lasciato il segno e causeranno un calo medio tra il 25 e il 30 per cento. Nell’agrigentino, dove la vendemmia è iniziata a fine luglio, il range di perdite tra Sambuca, Menfi e Santa Margherita Belice oscilla tra il 20 e il 30 per cento. Sull’Etna, invece, le condizioni climatiche sono state meno impietose, la produzione per pianta dovrebbe essere tanto buona da costringere i coltivatori ad attuare dei diradamenti per rispettare il disciplinare. Le piogge primaverili sono state un fattore positivo, poi, nel sud-est dell’isola, dove si coltiva il Cerasuolo di Vittoria. Produzione nella media, infine, nelle aree centrali del nisseno, dove si produce soprattutto Nero d’Avola.
Il combinato di clima, acqua e temperature di questa annata, come avvenuto per il grano, non è stato quindi favorevole nel complesso alla Sicilia. Cruciale, per la viticoltura, è stato il mese di giugno, dove si sono registrate temperature superiori alla media di 1,5 gradi e un tasso di piovosità mai visto nell’ultimo decennio (come rilevato dal Cnr). Le alte temperature unite alle abbondanti piogge fuori stagione e a un alto tasso di umidità hanno favorito la comparsa di malattie fungine come la peronospera, che fanno tardare la maturazione e possono causare l’abbassamento del grado zuccherino delle uve, l’indice che in cantina decide il valore del raccolto. “E’ ancora presto per parlare di prezzi – dice ancora Antonino Cossentino – e sarà anche decisivo l’andamento climatico di agosto che, in questi primi giorni, non è stato certo favorevole e che deciderà volumi e qualità”.