Tra le notizie dell'anno su tp24 c'è anche quella che riguarda l’inchiesta sulle torture e i maltrattamenti avvenuti all’interno del carcere “Pietro Cerulli” di Trapani che ha aperto uno squarcio inquietante sulla gestione di alcune strutture penitenziarie italiane. Undici agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati, mentre altri 14 sono stati sospesi dal servizio in seguito alle indagini. Complessivamente, sono 46 le persone indagate per reati che includono tortura, abuso di autorità, falso ideologico e calunnia. Questo scandalo rappresenta un drammatico richiamo alla necessità di riforme nel sistema carcerario.
La sezione Blu: epicentro delle violenze
La sezione Blu del carcere di Trapani, destinata all’isolamento diurno e notturno dei detenuti, è diventata il fulcro di un sistema di abusi sistematici. Secondo l’accusa, qui non si applicavano le regole istituzionali, ma vigeva un regime di arbitrio e brutalità. Le indagini hanno portato alla luce episodi di una gravità inaudita:
Percosse sistematiche: detenuti picchiati con schiaffi, calci e pugni, spesso mentre erano immobilizzati.
Umiliazioni degradanti: detenuti costretti a denudarsi davanti agli agenti e sottoposti a insulti razzisti.
Lanci di liquidi: tra cui acqua e urina, utilizzati come forma di scherno e punizione.
Omertà diffusa: molti agenti avrebbero assistito alle violenze senza intervenire, consolidando un clima di terrore. Le vittime di questi abusi erano spesso detenuti vulnerabili, come persone con disturbi psichiatrici o stranieri, ulteriormente marginalizzati da un sistema che avrebbe dovuto tutelarli.
Un clima di impunità e violenza istituzionalizzata
Secondo la Procura, le violenze erano parte integrante di una gestione connotata da “elementi di sistematicità”. Le telecamere nascoste installate dagli investigatori hanno documentato episodi che mostrano chiaramente un disprezzo per la dignità umana e per i diritti fondamentali. Le testimonianze raccolte rivelano un “clima di terrore”, dove le vittime temevano continue ritorsioni. La gravita degli episodi ha spinto il procuratore Gabriele Paci a definire la sezione Blu come una “zona franca”, un luogo dove le leggi sembravano sospese. “Il carcere dovrebbe essere una casa di vetro, dove legalità e rispetto della dignità umana sono garantiti,” ha sottolineato Paci. Invece, il carcere di Trapani si è trasformato in un teatro di disumanizzazione.
Il ruolo degli indagati e le misure cautelari
Tra gli arrestati ci sono agenti di lunga esperienza e altri relativamente giovani, segno di una cultura della violenza che sembra aver permeato più generazioni. Tra gli arrestati, spiccano i nomi di Filippo Guaiana, Antonio Mazzara, Filippo Bucaria e Andrea Motugno, mentre altri 14 agenti, come Massimo Anzelmo e Paola Patrizia Basiricò, sono stati sospesi dal servizio. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di torture, maltrattamenti e falsificazione di atti ufficiali per coprire gli abusi. Le prove raccolte comprendono video, intercettazioni e testimonianze di detenuti e operatori.
Le vittime: un grido di aiuto inascoltato
I detenuti che hanno denunciato gli abusi raccontano storie di sofferenza e disperazione. Tra i casi più emblematici: Un uomo picchiato durante un trasferimento, poi lasciato in isolamento in condizioni degradanti. Un detenuto costretto a fumare una sigaretta alterata con sostanze non identificate come forma di punizione. Un altro, di origine straniera, deriso per le dimensioni dei genitali e sottoposto a scherni razzisti. Queste testimonianze mettono in luce una realtà in cui la violenza era percepita come inevitabile. L’inchiesta ha suscitato indignazione a livello nazionale e internazionale, sollevando interrogativi sulle condizioni nelle carceri italiane. Mentre la direzione del carcere di Trapani ha collaborato con le autorità per smascherare gli abusi, resta da capire come sia stato possibile che episodi così gravi si siano verificati per anni. Il Ministro della Giustizia ha annunciato l’apertura di un’indagine interna per verificare eventuali responsabilità a livelli superiori e ha ribadito l’impegno a garantire il rispetto dei diritti umani all’interno del sistema penitenziario.
Il riesame annulla gli arresti domiciliari ed esclude il reato di tortura
Il Tribunale del Riesame di Palermo ha annullato le misure cautelari degli arresti domiciliari per gli undici agenti di polizia penitenziaria del carcere di Trapani, indagati per presunti maltrattamenti sui detenuti, ed escluso il reato di tortura. La decisione accoglie i ricorsi presentati dalla difesa, riqualificando le accuse in reati meno gravi. Secondo il Riesame, gli episodi contestati, pur richiedendo approfondimenti, non soddisfano i criteri di sistematicità e gravità richiesti dalla normativa sul reato di tortura. Gli avvocati difensori hanno sostenuto che molte delle condotte contestate erano legate alla gestione operativa di un contesto carcerario caratterizzato da sovraffollamento e difficoltà strutturali. La notizia è stata accolta con soddisfazione dai sindacati della Polizia Penitenziaria, che hanno definito le contestazioni iniziali "sproporzionate". Tuttavia, l’inchiesta della Procura di Trapani resta aperta e proseguirà per verificare eventuali responsabilità in relazione alle condotte riqualificate.
L’allarme dell’Associazione Luca Coscioni: Carceri siciliane sovraffollate al 121%
Il sovraffollamento delle carceri in Sicilia ha raggiunto un livello critico: al 9 dicembre 2024, il tasso di affollamento degli istituti penitenziari siciliani si attesta al 121%, una situazione che aggrava le già difficili condizioni di vita dei detenuti. A livello nazionale, la situazione non è migliore, con un totale di 62.283 detenuti contro una capienza ufficiale di 51.165 posti, di cui però ben 4.478 non risultano disponibili. Il tasso di sovraffollamento medio nazionale, secondo i dati del Ministero della Giustizia, aggiornati dall’analista Marco Della Stella, ha superato il 133%.
Le azioni dell’Associazione Luca Coscioni
Di fronte a questa emergenza, l’Associazione Luca Coscioni ha intrapreso una serie di iniziative per richiamare l’attenzione delle istituzioni. Durante l’estate, l’associazione ha diffidato le 102 Aziende Sanitarie Locali (Asl) competenti per la salute nelle 189 carceri italiane, sollecitandole a rispettare il proprio mandato legale di monitorare e garantire le condizioni socio-sanitarie negli istituti penitenziari. La diffida sottolineava come i ritardi o l’inadempienza delle Asl siano imputabili ai rispettivi Direttori Generali. Tuttavia, meno della metà delle Asl ha fornito una risposta adeguata.
“Abbiamo quindi avviato richieste di accesso agli atti per ottenere le relazioni delle visite effettuate negli istituti e verificare il rispetto delle norme,” spiega Marco Perduca, coordinatore dell’iniziativa. Nel frattempo, è stata lanciata FreedomLeaks.org, una piattaforma sicura e anonima che consente a chiunque abbia accesso agli istituti di pena – parenti, volontari, assistenti sociali, educatori, o dipendenti delle Asl e dell’amministrazione penitenziaria – di denunciare violazioni e criticità.
FreedomLeaks.org: uno strumento di denuncia anonima
FreedomLeaks.org si basa sulla tecnologia Globaleaks, che garantisce un canale criptato per inviare segnalazioni anonime. “Chiunque entri in contatto con gli istituti penitenziari può utilizzare la piattaforma per documentare situazioni che violano i diritti fondamentali dei detenuti,” spiega Andrea Andreoli, uno dei promotori dell’iniziativa. Per garantire la massima sicurezza, è necessario accedere alla piattaforma attraverso il browser TOR e connettersi all’indirizzo dedicato.
Un quadro allarmante
Il sovraffollamento, sottolinea Perduca, crea condizioni che la Corte Europea dei Diritti Umani ha definito inumane e degradanti. Già nel 2013, con la sentenza Torreggiani, la Corte aveva stabilito che uno spazio inferiore a tre metri quadri per detenuto costituisce di per sé una violazione dei diritti umani, equiparabile alla tortura. Secondo le richieste dell’Associazione Luca Coscioni, le Asl dovrebbero fornire: Relazioni delle visite effettuate, indicando tempi, aree visitate e criticità riscontrate; Linee guida su come vengono condotte le visite, inclusa la presenza di garanti o altre figure istituzionali; La lista delle istituzioni a cui sono stati inviati i resoconti, come il Dipartimento per l’Amministrazione della Giustizia e i Ministeri competenti; Le eventuali risposte delle autorità competenti e le azioni intraprese per sanare le criticità rilevate.
L’invito dell’Associazione è chiaro: “Denunciate, in maniera anonima e sicura, le condizioni degradanti in cui versano i nostri istituti penitenziari”. FreedomLeaks.org rappresenta uno strumento indispensabile per dare voce a chi assiste quotidianamente alle gravi problematiche delle carceri italiane e siciliane. La battaglia contro il sovraffollamento e per il rispetto dei diritti dei detenuti è tutt’altro che conclusa. Ma, come ricorda l’Associazione Luca Coscioni, la collaborazione di cittadini, operatori e volontari può fare la differenza in questa emergenza umanitaria.