Davide Faraone, senatore del PD, lo sciopero della fame come protesta non violenta ma soprattutto a tutela dei disabili e delle loro famiglie. Le Asp hanno pagato buona parte degli assegni, come procede la battaglia? È stato lasciato da solo dai Dem della Sicilia in questo percorso, che sembra interessare solo i parlamentari nazionali…
Non mi sono sentito lasciato solo. E poi il tema non sono i dem siciliani, su queste questioni non devono esistere colori politici. Sui diritti dei disabili purtroppo, nonostante i grandi passi in avanti dal punto di vista legislativo, scontiamo ancora una certa indifferenza e pressappochismo della politica. Insomma le leggi ci sono, le risorse pure, ma quello che manca spesso è la volontà di dare priorità a questo tema. Faccio una domanda: perché se la legge prevede che i disabili debbano avere l’assegno di cura ogni mese, assistiamo ad erogazioni a singhiozzo, a somme arretrate che spesso superano le sei mensilità? Perché gli ultimi devono avere un trattamento diverso da chi lo stipendio lo percepisce ogni mese come i politici o gli impiegati regionali? Ecco, sta qui il senso della mia battaglia, che è di civiltà e, ci tengo a sottolinearlo, incolore, senza cioè un colore politico. I diritti riguardano tutti. Dopo 9 giorni di sciopero della fame, e grazie alle battaglie quotidiane delle associazioni e della garante dei disabili, Giovanna Gambino, le Asp si sono messe in regola con i pagamenti. Ma la battaglia continua, a partire dal decreto Musumeci che è irricevibile.
Il decreto Musumeci è pieno di contraddizioni, parla una lingua che non si avvicina alla sensibilità di chi vive queste problematiche. Un decreto che potrebbe essere modificato o riscritto?
Il decreto è irricevibile, ci riporta indietro dal punto di vista culturale di decenni e bene hanno fatto le associazioni ad incontrare l’assessore regionale alla Sanità per correggerlo. Con questo decreto, Musumeci ha trasformato i disabili siciliani in precari. C’è dentro l’idea che dalla disabilità si possa uscire improvvisamente da un giorno all’altro. Al centro non ci sono più le facce e le storie che conosciamo, la sofferenza delle persone fragili e delle loro famiglie, ma i numeri, le disponibilità di cassa, che cambiano ogni anno, a seconda dei capitoli di bilancio, del colore politico delle giunte, della sensibilità di un assessore. Somme in balia di qualche sagra in più o in meno o di qualche portaborse in più da stabilizzare. C’è dentro il trionfo della burocrazia e la negazione del tempo, quel tempo che per le persone fragili è tutto. I disabili precari, così come li ha pensati il presidente della Regione, saranno alle prese con le proroghe, perché in barba a misure che dovrebbero essere strutturali. Cosicché ogni anno i disabili e le loro famiglie dovranno firmare i patti di cura e di servizio, carte su carte, ufficio dopo ufficio per continuare ad accedere ad un diritto. Una via Crucis piena di ostacoli normativi e cavilli disumani.
Faraone, la disabilità non è solo di chi vive la condizione ma di quanti ostinatamente non si rendono conto che essere diversi non significa per forza dover vivere a metà. Ha pensato di avviare una campagna di sensibilizzazione sul tema?
Ho conosciuto la disabilità e ho dedicato e dedico buona parte del mio impegno politico ai diritti degli ultimi avendo fatto i conti in prima persona con questo tema. E’ difficile comprendere come sia importante stare dalla loro parte, non ipocritamente, costruire occasioni di integrazione, inclusione se non si vive in prima persona questo disagio. Non lo nego, è successo anche a me prima che scoprissi che mia figlia Sara fosse autistica. Per questo credo che lo sforzo che dobbiamo fare tutti è quello di diffondere consapevolezza sulle tante disabilità, battendoci insieme affinché sia normale tutto ciò che ancora oggi è considerato speciale. Da anni presiedo la Fondazione sull’Autismo e lo sforzo che facciamo è quello di entrare dentro le case delle famiglie, tutte, soprattutto di quelle che considerano lontani questi temi. Una battaglia civile per cercare di rendere un po’ più civile il nostro Paese.
Lei, da capogruppo Pd in Commissione di Vigilanza Rai, ha dichiarato battaglia alla lottizzazione delle poltrone da parte del Governo giallo-verde e ha chiamato alla responsabilità Forza Italia. Marcello Foa non garantirebbe il pluralismo?
In Commissione di Vigilanza innanzitutto abbiamo bocciato non solo un nome, quello di Marcello Foa, ma l’arroganza di Salvini e Di Maio. Da due mesi, invece di occuparsi dei problemi degli italiani si sono occupati della spartizione delle poltrone. Dalla Cassa depositi e prestiti, alle Ferrovie e volevano anche occupare la Rai. Sono vecchi, vecchi, vecchi. Altro che cambiamento. Lega e soprattutto i Cinquestelle erano quelli che ieri, in piazza, dicevano di volere una informazione libera e indipendente e oggi, dentro le segrete stanze, si spartiscono le poltrone in perfetto stile da vecchia politica. Avevano fatto i “casting”, volevano indicare la governance, i direttori dei Tg e di rete e forse anche qualche usciere. Noi abbiamo detto no, no ad un presidente della Rai che ha insultato il presidente Mattarella, che diffondeva fake news contro l’Europa, i vaccini. Un giornalista che usava i canali filo putiniani per imporre una linea lontana anni luce dalla nostra idea di democrazia. La Rai è la principale industria culturale del nostro Paese ed ha bisogno di una governance che garantisca l’indipendenza della struttura, il pluralismo dell’informazione, la qualità e non le fake news.