Un Ospedale storico quello di Salemi. Forse uno dei più antichi della provincia. Come istituzione, s’intende. Porta ancora il nome dell’ultimo re sabaudo.
Ma la struttura si presenta bene. Realizzata negli anni '70, è stata sempre oggetto di restauri e ammodernamenti. Dotato persino una sala operatoria avveniristica.
Fino alla fine degli anni novanta la struttura sanitario poteva fregiarsi del titolo di “Ospedale”, avendo quasi tutti i reparti necessari per essere definito tale.
Erano tempi d’oro. Per tutti. Personale medico, paramedico e amministrativo.
Per le ditte fornitrici di farmaci, attrezzature sanitarie e non.
Nelle piante organiche, potevi trovare persino figure professionali impensabili: dal barbiere, all’elettricista, dal falegname ai curatori d’anime.
Autentici postifici. Il tutto sul conto delle tasche dei cittadini, ovviamente. Non si badava a spese, insomma.
L’Ospedale di Salemi, divenne centro di attrazione e pedana di lancio per tanti medici. Non tutti, in verità mediocri. Ma tanto bastava trascorrere qualche anno tra le mura sanitarie della cittadina normanna per ottenere una sorta di unzione per avanzamenti di carriera. Il miraggio del primariato o della promozione a caposala si concretizzava, dopo il “praticantato” salemitano.
La discrezionalità di chi amministrava, in quei tempi di vacche grasse, le varie Asl o le singole strutture era massima e senza controlli. Lo confermarono le poche inchieste giudiziarie condotte le quali resero note a tutti ciò che da tutti veniva sussurrato.
Si pensava in grande, insomma, e il meno a cui si potesse pensare era la sistemazione di un parcheggio o verde attrezzato che fosse. Vi pare?
Anche perché iniziava, nei primi anni duemila, l’esodo del personale più qualificato verso altre sedi.
Era l’inizio della fine per il nosocomio salemitano.
Fui tra i primi a lanciare l’allarme, sulle colonne di un quotidiano provinciale dal nome beneaugurale, ma che ebbe poco meno di anno di vita.
Nessuno, tra quanti avevano i poteri per farlo, fece qualcosa per impedirlo.
L’Ospedale di Salemi, fu sacrificato a fuoco lento sull’altare della cosiddetta “razionalizzazione del sistema sanitario”.
Sebbene fosse un presidio sanitario istituzionalizzato da un decreto del Presidente della Repubblica dell’epoca al fine esclusivo di essere al servizio di un vasto bacino sismico e interessato da un permanente dissesto idrogeologico.
Nessuno dei potenti politici del tempo giocò questa carta. Per ignavia o per inconfessabili motivazioni, mosse un dito per “salvare” il nosocomio di Salemi. Di peggio. Dopo il suo declassamento in PTA, hanno continuato a prendere in giro gli utenti usando parole inappropriate ed ambigue.
I verbi “ chiudere” e “ salvare” hanno assunto di volta in volta il significato di una amara beffa.
Ecco perché ci appare patetica la lettera di ringraziamento, che un paziente, ospite del reparto di Geriatria del presidio ospedaliero di Salemi, ha rivolto nei giorni scorsi al personale medico, paramedico e ausiliario di quel reparto.
Si chiama Ettore S. il paziente che, dopo l’uscita dall’ospedale ha teneramente scritto al commissario dell’Asp Bavetta per segnalare “la professionalità, la cortesia, la competenza, la gentilezza e l’umanità di questo personale, diretto dal primario Tommaso Di Bella. E’ un bell’esempio dell’Italia che funziona”.
Parole che, assieme al rifacimento del verde attrezzato adibito a parcheggio antistante il PTA ( comunemente chiamato ancora Ospedale, avvenuto recentemente dopo 40 anni, dovrebbero essere prese di buon auspicio.
Purtroppo sappiamo che certe letterine, quelle che trovano ascolto, specialmente in questo periodo di festività, sono solo quelle inviate dai bambini a Babbo Natale. E non tutte, anche quelle, se non si è stati buoni.
I cittadini, senza dubbio buoni non lo sono stati, non avendo mai fatto sentire la propria voce, come in altre realtà, ma ascoltato solo le fanfaluche dei potenti.
Franco Ciro Lo Re