Viveva sotto protezione, ma il suo nome di battesimo stava pure sulla cassetta delle lettere della casa in cui abitava, in via Bovio, pieno centro di Pesaro. Marcello Bruzzese, 51 anni, è stato ammazzato a sangue freddo mentre stava rincasando la sera del giorno di Natale. Aveva appena parcheggiato la macchina in garage quando due uomini, cappello in testa e bavero della giacca rialzato, si sono avvicinati e gli hanno scaricato una ventina di colpi di pistola addosso, quindici dei quali sono andati a segno, uccidendolo.
MARCELLO, CALABRESE di origine, era il fratello di Girolamo Bruzzese, pentito di ‘ndrangheta e collaboratore di giustizia dal 2003, dopo aver tentato di uccidere il capo della cosca a cui apparteneva. La vendetta trasversale è arrivata a Natale, forse lo Stato aveva sottovalutato la situazione, sicuramente qualcosa nel sistema di protezione non ha funzionato. Poche ore dopo l’omicidio, la moglie, i tre figli, il fratello e le sorelle di Bruzzese sono stati trasferiti in altre città italiane, una fuga nella notte organizzata in fretta e furia dai funzionari del ministero dell’Interno, dove già aleggia più di qualche malumore per l’agguato.
Il ministro Matteo Salvini, dal canto suo, sembra aver dormito sonni piuttosto tranquilli, tant’è vero che ieri mattina ha salutato i suoi seguaci su Facebook con un selfie mentre mangiava del pane con la nutella per colazione. Il titolare del Viminale, ad ogni modo, nella giornata di oggi sarà a Pesaro per presiedere il Comitato per l’ordine e la sicurezza in prefettura. Si vedrà se, come ha già fatto la settimana scorsa, anche in questa sede sosterrà che le mafie in Italia hanno i giorni contati. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (Pd) è già all’attacco e, sempre su Facebook, chiede sarcasticamente a Salvini se «quando avrà finito pane e nutella la città di Pesaro potrà avere qualche informazione e rassicurazione».
DALLE PARTI DI LIBERA evidenziano che il sistema di protezione ha fatto flop. «È chiaro che qualcosa non ha funzionato e che c’è stata qualche falla nel sistema – si legge in una nota -. Interrogativi che necessitano di risposte immediate, ferme e decise da parte dei rappresentanti del governo e dello Stato».
LE INDAGINI SULL’OMICIDIO, intanto, hanno già preso una direzione ben precisa: si è trattato di un’esecuzione in stile mafioso, una vendetta venuta dal passato, e d’altra parte non era la prima volta che Marcello Bruzzese subiva un attentato. Era il 1995 e i sicari uccisero suo padre Domenico, braccio destro del boss della Piana di Gioia Tauro Teodoro Crea. In quella circostanza morì anche Antonio Maddaferri, marito di una sorella di Marcello Bruzzese, che dal canto suo rimase ferito allo stomaco. Nel 2003 l’alleanza tra i Bruzzese e i Crea finì: il 23 ottobre, Girolamo Bruzzese sparò tre colpi di pistola al boss Crea e poi, credendolo morto, andò a consegnarsi ai carabinieri. Era latitante da sette anni dopo una condanna per omicidio. Nel 2004 fu assassinato il suocero di Bruzzese, Giuseppe Femia, per il primo atto di una vendetta trasversale di cui l’omicidio di Natale è l’ennesimo capitolo. Marcello Bruzzese, negli anni, è stato prima alloggiato in Francia, poi una prima volta a Pesaro per un breve periodo nel 2008, poi ancora nascosto in giro per l’Italia e infine nuovamente nella città marchigiana da tre anni a questa parte.
QUI ORMAI CONDUCEVA UNA VITA normale, al di sopra di ogni sospetto agli occhi di tutti. Un tipo molto abitudinario e, come spesso accade in provincia, diversi vicini avevano imparato a riconoscerne le abitudini. È probabile che i killer avessero un basista in zona, che pure aveva studiato la vita del 51enne per preparare l’agguato mortale.
«Frequentava spesso la chiesa qui vicino e la gelateria del corso – riferiscono i dirimpettai –, spesso lo vedevamo intorno alle sette di sera in garage con uno dei suoi figli». E infatti l’omicidio è avvenuto proprio intorno a quell’ora. Una vicina di casa sarebbe stata ascoltata come testimone, dopo aver sentito gli spari dalla strada: avrebbe visto due uomini in fuga a piedi tra i vicoli del centro. Via Bovio è sorvegliata anche da alcune telecamere, le cui immagini sono adesso al vaglio degli investigatori in cerca di indizi.
Rassegna Stampa