Dopo un rinvio record di oltre dieci mesi (“A Napoli la giustizia non vuole arrivare, si è fermata ad Eboli” commentò, con amarezza, lo scorso 6 marzo, l’avvocato Diego Tranchida), il prossimo 18 gennaio dovrebbe finalmente iniziare, a Napoli, il processo d’appello bis ai fratelli marsalesi Antonio e Massimo Sfraga per “illecita concorrenza con minaccia o violenza”.
La vicenda è quella della cosiddetta “mafia nel trasporto dell’ortofrutta”. A fine ottobre 2015, la Cassazione, accogliendo le tesi difensive, annullò, con “rinvio” del processo ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, la sentenza con cui, il 7 gennaio 2014, i giudici d’appello partenopei avevano confermato la condanna dei fratelli Sfraga a tre anni di carcere ciascuno inflitta, nel 2012, dal gup Alberto Cairo.
“Il processo è stato rinviato fuori udienza e senza alcun preavviso ai difensori – dichiarò, lo scorso 6 marzo, abbastanza irritato, l’avvocato Tranchida - E non c’è un perché”. Non è la prima volta, comunque, che la giustizia napoletana fa parlare di se per l’eccessiva lentezza. E a farne le spese, stavolta, ironìa della sorte, sono due imputati che arrivano da una città, Marsala, il cui Tribunale, negli ultimi, è balzato ai vertici nazionali nelle classifiche relative alla velocità dei procedimenti giudiziari. Antonio e Massimo Sfraga, ex “ras” locali nel settore del trasporto dell’ortofrutta verso i mercati campani e laziali, furono condannati insieme ad altre trenta persone coinvolte nell’operazione condotta dalla Dia di Roma e dalla Squadra mobile di Caserta che il 10 maggio 2010 consentì, con 68 arresti, lo smantellamento di un “asse criminale” camorra-mafia che, secondo l’accusa, imponeva il monopolio dei trasporti su gomma ai commercianti che operano nel settore dei prodotti ortofrutticoli. E per gli inquirenti, gli Sfraga, grossisti dell’ortofrutta nel versante sud marsalese (zona Strasatti-Petrosino), sarebbero stati, nel settore, il trait d’union tra la camorra e Cosa Nostra. Per gli inquirenti, i due fratelli sarebbero stati imprenditori di riferimento dei capimafia Riina e Provenzano, garantendo il monopolio del trasporto verso Fondi (Lt) e altri mercati meridionali a ditte del clan casertano. Tra gli altri personaggi alla sbarra, anche Costantino Pagano, Luigi Terracciano, Domenico Menna, Salvatore Frontoso, Carlo Del Vecchio, gestori della ‘’Paganese Trasporti snc’’, referenti del clan camorrista dei Casalesi per il trasporto su gomma del settore ortofrutticolo, i catanesi Giuseppe e Vincenzo Ercolano, Nunzio Di Bella, Nunzio Scibilia, Orazio Fichera, elementi di riferimento del clan mafioso Ercolano-Santapaola, nonché Giuseppe Antonio Domicoli e Biagio Cocchiaro, referenti del ‘’clan Madonia’’, famiglia Rinzivillo, di Gela. L’organizzazione avrebbe “condizionato il libero mercato con atti di violenza, minaccia e intimidazione tipici delle organizzazioni di stampo mafioso”.